In questo articolo si scrive: “Esattamente trent’anni fa, nel 1984, venivano introdotti in Italia i dottorati di ricerca. Un’ottima cosa, sulla carta. E in effetti, coloro che in questi anni sono stati ammessi a uno o più dottorati costituiscono una élite culturale importante. Verso la quale però, manco a dirlo, il sistema Italia si è dimostrato assai inconcludente e irriconoscente. Perché allora non risarcirli regalando loro la possibilità di entrare nella scuola per partecipare, insieme ai migliori docenti, a un grande esperimento per rinnovarne insegnamenti e metodi? Potrebbero, a seconda della loro specializzazione, o essere ammessi direttamente a insegnare, oppure utilizzati per rinnovare le stesse basi dell’insegnamento. L’obiezione principale a questa proposta è che nessuno ha insegnato loro a insegnare. Ma in realtà questa è una carenza generale del nostro sistema. Ben pochi all’università si preoccupano degli aspetti didattici. Dunque l’esperimento deve essere diretto anche alla soluzione di questo problema“.
In questa proposta si legge che i dottori di ricerca dovrebbero collaborare con i migliori docenti. Ma chi sono i docenti migliori ? Chi dovrebbe identificarli ? Che fine farebbero i docenti di scuola non classificati come migliori ? Sono tanti gli interrogativi su come migliorare l’efficienza della trasmissione del sapere nelle nostre scuole e sono tante le proposte per attuarla.
Una semplice riflessione è d’obbligo, i dottori di ricerca sono figure professionali concepite per fare ricerca e in quel settore devono essere utilizzate, la scuola, la didattica scolastica e le metodologie di insegnamento sono altre cose e devono essere lasciate, a scanso di ogni equivoco interpretativo, alla competenza di chi lavora con passione in classe ogni santo giorno.
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