Università e Afam

Dottori di ricerca, non sono poi così giovani (32,4 anni l’età media), due su tre uomini, si sentono malpagati

Se l’età media degli insegnanti si è elevata, quella dei laureati che riescono ad aggiudicarsi il dottorato di ricerca risulta più bassa ma nemmeno troppo: lo ha rilevato AlmaLaurea con il Rapporto 2024 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei Dottori di ricerca. Dall’indagine presentata all’Università degli Studi di Macerata risulta che a scegliere il dottorato di ricerca – parliamo di circa 10.000 l’anno – sono laureati con un’età media pari a 32,4 anni.

Nel confronto internazionale, l’età al conseguimento del dottorato in Italia è tra le più modeste dei paesi Ocse: oltre 32 anni di età media, relativo al 2021, è infatti un valore più elevato solo rispetto a quelli registrati in Francia (30,5 anni) in Olanda (31,7 anni) e Germania (32,1 anni). Età medie decisamente più alte si registrano in Regno Unito (33,1 anni) e Spagna (36,1 anni).

“Nel nostro Paese – ha detto Marina Timoteo, direttrice AlmaLaurea – è tradizionalmente legato alla carriera accademica. Ma osserviamo anche l’iscrizione al dottorato come rientro in formazione di una popolazione più adulta, maggiormente orientata verso l’ambito extra accademico”.

Questo, quindi, “sottolinea ancora di più il ruolo strategico del dottorato di ricerca nell’economia e nella società della conoscenza”.

AlmaLaurea ha analizzato l’età dei dottorandi suddividendole nel rapporto in quattro fasce: meno di 29 anni (23,2%), 29-30 anni (29,9%), 31-35 anni (32,4%) e 36 anni e oltre (14,6%). La distribuzione varia all’interno di cinque aree disciplinari: scienze di base e ingegneria presentano le quote più elevate di dottori under 29, mentre l’area in scienze economiche giuridiche e sociali, in scienze della vita e in scienze umane mostrano quote più modeste. Per quanto riguarda i più adulti si va dal 6,6% tra i dottori dell’area di scienze di base al 21,3% tra i dottori delle scienze umane.

Questo, su un numero complessivo di dottori di ricerca pari allo 0,6% della popolazione in età lavorativa, come indicato dall’indagine. Un dato che, seppur ancora basso, negli ultimi due anni ha fatto registrare una ripresa ma che non vede ancora colmato il gender gap.

Tra i dottori di ricerca del 2023, infatti, le donne rappresentano il 48,5%: dall’indagine risulta che “più si sale nella scala dell’istruzione e meno sono le donne: tra i laureati, infatti, sono il 60,2%”.

Il divario di genere è presente pure a livello occupazionale e retributivo: i dottori di ricerca uomini, infatti, percepiscono mediamente uno stipendio dell’8,3% più elevato rispetto alle donne (1.980 contro 1.828 euro). E lo stesso accade in tutte le aree disciplinari raggiungendo il valore massimo (+20,4%) tra i dottori in ingegneria e il minimo in scienze umane (+2,7%).

Inoltre, per area disciplinare, la presenza femminile è molto inferiore nelle discipline Stem. Più nel dettaglio, la componente femminile tra i dottori di ricerca è inferiore al 50% nell’area delle scienze economiche, giuridiche e sociali (48,1%), delle scienze di base (36,3%) e di ingegneria (30,8%).

Per quanto riguarda, poi, l’occupazione, a un anno dal conseguimento del titolo di dottore di ricerca, il 91,5% ha un lavoro (93,0% per gli uomini e 90,1% per le donne). Un altro dato che emerge, infine, dal Rapporto è quello che riguarda l’insoddisfazione per il finanziamento ottenuto (in genere collocato tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese): soltanto il 40,7% dei dottori di ricerca che hanno usufruito della borsa lo considera, infatti, adeguato.

Alessandro Giuliani

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