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Mare Fuori, l’ideatrice dopo le critiche: “Ha un intento educativo. Allora guardiamo il Padrino e diventiamo tutti mafiosi?”

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Nella notte tra il 31 gennaio e l’1 febbraio sono stati pubblicati sulla piattaforma RaiPlay gli attesissimi primi episodi della quarta stagione della serie televisiva Rai Mare Fuori. Ritornano così anche le critiche che avevano investito il prodotto seriale qualche mese fa.

Mare Fuori rischia di condizionare i giovanissimi spettatori? C’è il pericolo che questi ultimi idealizzino i personaggi criminali e inizino ad imitarli? Sono proposti modelli negativi che in qualche modo spingono i giovani alla violenza? Secondo la produttrice e ideatrice della serie, Cristiana Farina, assolutamente no, anzi.

“I cattivi li facciamo morire o trasferire”

Quest’ultima, intervistata da Fanpage.it, ha detto: “Mi sembra un discorso puerile e semplificativo. Guardiamo il Padrino e diventiamo tutti mafiosi o un film d’amore e ci dovremmo innamorare tutti? È davvero una cosa sciocca. Mare Fuori ha un intento educativo, ti accoglie per farti capire che non sei solo e che puoi ricominciare daccapo, quindi non si parte da un presupposto di esaltazione del male, anzi, noi i cattivi li facciamo morire o trasferire, quelli che fanno una scelta definitiva e che davanti alle possibilità di cambiare cedono sempre al lato oscuro, subiscono le conseguenze delle loro scelte”.

“Credo che la forza dei protagonisti risieda, in realtà, nella spinta propulsiva dell’intero racconto, ovvero la necessità di instradare i ragazzi che hanno sbagliato, riavvicinandoli al bene. Già questo è un movimento piuttosto attivo, che avviene in un contesto mobile come quello del carcere minorile, il cui scopo, come da costituzione, è quello di rieducare i giovani. Infine ci sono entrate, uscite, personaggi che vengono recuperati dal passato, e tutto questo crea una sorgente narrativa particolarmente forte. Se un personaggio di Mare Fuori sbaglia e continua a sbagliare, non ci sono altri finali possibili. Mare Fuori è la verità, è la vita, vogliamo essere risolutivi e avere un occhio per questo disagio giovanile”, ha aggiunto.

Mare Fuori, è bene accompagnare sempre i ragazzi nella visione

La professoressa Giovanna Corrao, che alla fine della scorsa estate è diventata virale dopo una diretta su Facebook in cui ha commentato con rabbia lo stupro di gruppo avvenuto a Palermo a luglio scorsoparlando di una comunità educante ormai “fallita”, ha discusso ancora di educazione dei giovani, stavolta parlando proprio di Mare Fuori.

La professoressa palermitana ha discusso in merito al rischio di emulazione di figure negative che i giovani osservano in prodotti culturali nel genere (Mare Fuori, per chi non lo sapesse, è ambientata in un Ipm, un istituto penale minorile). Spesso, senza un filtro, senza la visione accompagnata dagli adulti, i ragazzini faticano a capire il messaggio della serie, il contesto, e finiscono per vedere personaggi criminali come eroi da seguire.

Ecco le parole della docente: “Mare Fuori è fatta bene. Ma i ragazzi molte volte non guardano lo spaccato drammatico. Molti dei protagonisti muoiono perché fanno quella vita. Loro mitizzano queste figure senza considerare che sono negative quindi bisognerebbe accompagnare sempre i ragazzi nella fruizione di queste serie”, questo il suo pensiero.

Gli attori: non siamo in dovere di educare

Lo scorso 17 gennaio a Napoli ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione della quarta stagione di Mare Fuori. Alcuni dei giovani attori del cast, rispondendo alle domande della stampa, hanno discusso in merito all’educazione dei giovanissimi.

Il primo a discutere di questo tema è stato Matteo Paolillo, che nella serie interpreta Edoardo Conte: “È necessaria un’educazione alla visione, noi raccontiamo la verità, ma non è che guardando la serie si diventi più violenti. Se ti viene voglia di spaccare la testa di uno, il problema è tuo, non della serie”.

A fargli eco anche Massimiliano Caiazzo, che veste i panni di Carmine Di Salvo: “Bisogna spiegare l’ombra per arrivare a mostrare la luce. Sta nello spettatore, non è colpa di un progetto audiovisivo, anzi può darci solo degli strumenti in più. Non restiamo nella superficie del tema che ci impedisce di avere un dialogo sincero su un problema molto serio della società”.

Dello stesso avviso anche Domenico Cuomo, Cardiotrap nella serie: “La prima volta che ho conosciuto dei ragazzi che erano detenuti è stato molto bello perché ci hanno detto che era orribile stare lì dentro. Io mi chiedo come posso io a 19 anni parlare con queste persone e pensare di poter insegnare qualcosa. Non mi sento in dovere di educare ma solo di rappresentare una generazione nel bene e nel male, di certo non possiamo farci maestri di vita”.