Dove sono i professori, a cosa pensano e, soprattutto, dove guardano?
Esistono ancora?
Non ne sentiamo più la voce.
La scuola affonda – dicono – ed essi ancora attendono la prossima riforma, il prossimo Ministro, la prossima lenzuolata di decreti…
Ecco, i professori non dicono più, non leggono più, non scrivono più, ma a volte bisbigliano in camera caritatis.
I professori, quelli che dovrebbero dichiararsi pubblicamente secondo l’origine del nome, non dichiarano, non dicono.
Ecco, ora i professori sono divenuti bestie mute, monadi sufficienti, dame della carità, gli sfortunati ed i mutilati di Stato.
Essi devono saper ripetere tutti lo stesso dettato, allo stesso modo.
Qualcuno, ecco, deve avergli buttato addosso l’ombra del disgraziato Ragionier Fantozzi!
Non sciopera, se no gli decurtano il magro stipendio.
Si iscrive ai sindacati per paura di essere sindacato.
Non conosce altra arte di manifestare.
Si ciba di semi o ha bene appreso la napoletana arte di arrangiarsi.
Mastica fra i denti la riedizione dell’unico primordiale manuale.
È la perpetua della carità, l’ultimo testimone del posto fisso e perciò qualsiasi moneta gli diano va più che bene per la “campata”.
Come Verlaine il nostro professore potrebbe dire: sono l’Impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi Barbari bianchi componendo acrostici indolenti dove danza il languore del sole in uno stile d’oro.
Carlo Schiattarella
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