Lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton ha affermato: “La Chiesa Cattolica è l’unica realtà che libera la persona da una schiavitù degradante: quella di essere soltanto un prodotto del suo tempo”.
Questa frase, valida per ogni cristiano, è particolarmente significativa per gli insegnanti. Infatti i docenti non dovrebbero seguire le mode pedagogiche del momento, ma guardare sempre al bene oggettivo dei ragazzi e da lì trarre spunto per mettere in atto quei metodi che, per la loro stessa natura, hanno perenne validità.
A tal proposito, posso raccontare un episodio personale.
Quando insegnavo religione nella scuola elementare, mi è capitato più volte di far scrivere agli alunni delle domande col rosso e delle risposte col blu sul quaderno.
Qualcuno, a suo tempo, ha osservato che si trattava di un metodo obsoleto, che addirittura si richiamava al vetusto catechismo di San Pio X. Ero pertanto da considerare un insegnante antiquato e dai metodi tradizionali. Quando poi nel 2005 uscì il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, formulato con domande e risposte, magicamente diventai uno al passo con i tempi e che, anzi, aveva anticipato i tempi! La verità è che la mia unica preoccupazione è sempre stata quella di trovare un metodo valido che consentisse agli alunni la memorizzazione dei contenuti svolti in classe.
Alla luce di ciò, credo che sia molto importante recuperare la pratica del dettato in classe perché esso è molto educativo sotto più punti di vista. A primo impatto, potrebbe sembrare un inutile e pedante esercizio, ma al contrario esso è molto formativo. Chi ha visto il film Karate Kid ricorderà sicuramente come il maestro iniziasse il suo discepolo alle arti marziali con la formula <>.
Attraverso un esercizio apparentemente noioso e ripetitivo, il discepolo apprese come comportarsi durante il combattimento e questo perché comunque il suo rapporto col maestro era basato su un requisito indispensabile: la fiducia. Anche se tante volte l’alunno non capisce nell’immediato l’utilità di certi esercizi, deve avere fiducia che quello che l’insegnante sta facendo è per il suo bene.
Quante volte capita che l’insegnante non attiri l’attenzione degli alunni o risulti pesante. Eppure attraverso quello che sta facendo, sta insegnando loro a muovere i primi passi verso la vita. Si è soliti dire che il buon insegnante sia quello che sa catturare l’attenzione, quello che sa sorprendere, quello che rende ogni lezione unica. Se questo senza dubbio è vero, è altrettanto vero che anche imparare ad annoiarsi è utile nella vita, poiché non sempre nel lavoro che gli alunni faranno da grandi ci sarà possibile divertirsi. Essi dunque debbono abituarsi a sostenere ritmi che comunque non sono di loro gradimento.
Fra le attività didattiche sicuramente ritenute noiose e inutili, anche perché oggi superate dalla tecnologia, si può annoverare il dettato. Eppure esso ha una grande valenza pedagogica e didattica. Vediamo perché. Innanzitutto, per svolgere un dettato c’è bisogno del silenzio. Il silenzio è una forma di umiltà con la quale l’alunno si ritira per fare spazio a un altro. Fare silenzio e porsi in ascolto è uno dei migliori antidoti all’egocentrismo: solo chi pensa che il mondo non ruoti attorno a sé sa fare silenzio.
Il secondo requisito è l’attenzione. La parola “attenzione” deriva dal verbo “attendere”: chi presta attenzione rimane in attesa che un altro indichi che cosa fare. Pensiamo a quanto sia importante questo aspetto nel campo del lavoro. Immaginiamo di essere in una sala operatoria. L’infermiere attende che il chirurgo chieda i ferri del mestiere: non è la stessa cosa se il medico chieda il bisturi o il filo per la sutura. Perché l’operazione riesca, è necessario che l’infermiere presti la massima attenzione a quello che gli viene richiesto. Ovviamente si potrebbero fare tanti altri esempi analoghi!
Inoltre col dettato si impara a scrivere. Per imparare a scrivere ci sono due possibilità: leggere e fare un dettato. Mentre nella lettura si vede come le frasi vanno articolate, nel dettato si compone, sotto la guida dell’insegnante, un testo già strutturato.
Infine un buon dettato crea ordine. Sarà compito dell’insegnante non solo dettare la punteggiatura, ma anche segnalare il punto a capo, gli eventuali spazi, ecc. Solo sul calco di un ordine precostituito l’alunno imparerà a sua volta ad avere un suo ordine.
Nicola Rosetti
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