Il DLgs 59/2017, novellato dal DL 36/2022, relativamente alla formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria, sta per realizzarsi attraverso il DPCM, la cui bozza già circola in rete.
A destare preoccupazione nei cosiddetti “precari storici” sono l’ultimo periodo dell’articolo 2-bis, comma 2 del DLgs 59/2017 («Per i primi tre cicli dei percorsi di cui al presente articolo, i titolari di contratti di docenza presso una scuola statale o paritaria o nell’ambito di percorsi di istruzione e formazione professionale delle regioni possono accedere ai percorsi di cui al comma 1 relativi alla classe di concorso interessata nei limiti della riserva di posti indicati dal decreto di cui al comma 4») e l’articolo 13, comma 6 della bozza del DPCM («Coloro che sono titolari di contratti di docenza presso una istituzione scolastica statale o scuola paritaria ovvero nell’ambito di percorsi di istruzione e formazione professionale delle regioni possono accedere, per i primi tre cicli, ai percorsi relativi alla propria classe di concorso di cui al presente decreto, nei limiti della riserva di posti che è pari, per il primo ciclo, al 40 per cento, e, per il secondo e il terzo ciclo, al 30 per cento dell’offerta formativa programmata e accreditata per ogni classe di concorso in ciascuna Università o Istituzione AFAM»).
A settembre, i “triennalisti” rischiano di:
- non sottoscrivere un contratto di docenza,
- non accedere ai percorsi abilitanti tramite la quota riservata,
essenzialmente per due motivi:
- le assunzioni in ruolo dalle GM dei vari concorsi,
- l’inserimento in prima fascia GPS degli abilitati tramite gli ultimi concorsi.
Dunque, le quote riservate, come previste dalle norme sopra ricordate, non avrebbero alcuna utilità.
Le norme diventerebbero efficaci se il requisito di accesso alle quote riservate fosse l’anzianità di servizio («Per i primi tre cicli dei percorsi di cui al presente articolo, coloro che abbiano prestato almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque, di cui uno specifico sulla classe di concorso interessata, presso una scuola statale o paritaria o nell’ambito di percorsi di istruzione e formazione professionale delle regioni possono accedere ai percorsi di cui al comma 1 relativi alla classe di concorso interessata nei limiti della riserva di posti indicati dal decreto di cui al comma 4»). Così si assicurerebbe ai “triennalisti” la partecipazione ai percorsi abilitanti. Tra l’altro, in questi termini, il requisito di accesso alle quote riservate sarebbe lo stesso previsto per i percorsi di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, secondo l’articolo 18-bis, comma 2, del DLgs 59/2017.
Le norme diventerebbero ancor più efficaci se il MUR e le università consentissero l’accesso scaglionato ai percorsi abilitanti per tutti i “triennalisti”, senza quote riservate di ciclo in ciclo. I precari di scuola statale completano il percorso abilitante con soli 30 CFU; i precari di scuola paritaria e dei percorsi di istruzione e formazione professionale delle regioni con soli 36 CFU, se in possesso dei 24 CFU della normativa previgente. Grazie alle modifiche introdotte dal DL PA bis (di prossima pubblicazione in GU), il tetto massimo al numero di abilitati sarà soppresso e il 50% dei percorsi abilitanti si potrà svolgere online, restando in presenza soltanto il tirocinio (che non necessita di personale o strutture universitari) e i laboratori disciplinari (che impegnano le università per pochi CFU). È chiaro dunque che il Governo e il MIM abbiano concesso al MUR e alle università tutti gli strumenti per abilitare una platea consistente di interessati, senza attuare alcuna preselezione, in particolare per i “precari storici”. L’opposizione di MUR e università è ingiustificabile, dato che danneggia i lavoratori reiteratamente a tempo determinato, secondo la clausola 6, comma 2 della Direttiva 1999/70/CE («i datori di lavoro dovrebbero agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per aumentarne le qualifiche, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale»).
A nostro parere, dunque, le sigle sindacali dovrebbero compattarsi in un unico fronte per assicurare il diritto alla formazione iniziale e alla progressione di carriera dei “precari storici” e pressare MUR e università affinché lo concretizzino senza ulteriori discriminazioni.
Francesco Pozzato