Nel suo discorso al Senato del 17 febbraio, Draghi si è occupato anche di scuola. Un’attenzione particolare è stata riservata agli istituti tecnici per i quali si prevedono investimenti considerevoli.
Draghi ha sottolineato l’importanza di una “transizione culturale”, che parta dal nostro patrimonio identitario umanistico, ma “con innesti di nuove materie e metodologie”, per “coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo”.
Una volta indicata la linea politica sostanziale, un occhio di riguardo va agli istituti tecnici. “In questa prospettiva – dice il presidente – particolare attenzione va riservata agli ITIS (istituti tecnici). In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo. È stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale. Il Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza assegna 1,5 md agli ITIS, 20 volte il finanziamento di un anno normale pre-pandemia. Senza innovare l’attuale organizzazione di queste scuole, rischiamo che quelle risorse vengano sprecate”.
Le iscrizioni per il prossimo anno scolastico 2020-2021 indicano ancora in crescita i licei, con il 57,8% delle preferenze, mentre per gli istituti tecnici la percentuale nazionale è del 30,3%, e i Professionali (in calo continuo) sono scelti dall’11,9% degli studenti.
Però, se guardiamo i dati regionali, per i tecnici al Nord le percentuali sono molto più alte della media nazionale: Veneto 38%, Emilia Romagna 36%, Friuli Venezia Giulia 35,7%, Lombardia 36,2%, Piemonte 33,2. In alcune province del Nord la tendenza è addirittura al sorpasso sui licei.
Confindustria da sempre punta sull’istruzione tecnica perché garantisce agli studenti una formazione adeguata e una più facile occupabilità, cioè quelle figure professionali di cui necessitano in particolare i territori del Nord.
Da mesi le associazioni degli industriali regionali chiedono più attenzione per la scuola, per progettare una formazione che guardi ai prossimi decenni, aperta a recepire i veloci cambiamenti in atto e a investire come sistema Paese sul futuro delle nuove generazioni. E quando Draghi parla di competenze scientifiche e di multilinguismo sembra indicare proprio questa direzione.
A livello locale, le associazioni degli industriali promuovono ogni anno iniziative per l’orientamento, per far capire all’utenza il “valore aggiunto” di una formazione tecnica nella società attuale in termini di occupabilità, specialmente in rapporto ai singoli territori dove sono presenti delle eccellenze produttive che spesso faticano a trovare manodopera qualificata.
Nel corrente anno scolastico, le associazioni degli imprenditori si sono spese anche per offrire soluzioni e progetti innovativi digitali per i Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento), molto apprezzati dagli istituti tecnici, quest’anno in seria difficoltà a far funzionare i laboratori. Non dimentichiamo che i Pcto sono un requisito per l’ammissione all’esame di stato e oggetto di parte del colloquio.
Le imprese sollecitano un piano serio e strutturato di recupero dell’apprendimento, lacunoso sul piano tecnico professionale in quest’ultimo periodo a causa dell’emergenza sanitaria, che includa l’apporto formativo delle imprese.
In qualche modo sembra che Draghi sia ben disposto ad accogliere queste richieste, e a definire quanto prima un piano di recupero e di investimenti.
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