Ampio spazio al problema della scuola ha dedicato il Governatore della Banca d’Italia nelle Considerazioni finali che hanno concluso l’assemblea dell’istituto centrale, a Palazzo Koch, a Roma.
Le osservazioni di Mario Draghi sono un vero e proprio monito rivolto al mondo della politica.
“L’istruzione – ha esordito il Governatore affrontando il tema della scuola – si conferma al primo posto fra i campi dove un cambiamento forte è necessario.
La bassa collocazione del nostro sistema scolastico nelle graduatorie internazionali ha una caratterizzazione territoriale che merita attenzione”.
Non sfugge a Draghi che il sistema scolastico italiano viaggia a diverse velocità nelle diverse aree territoriali: “Al Sud i divari nei livelli di apprendimento sono significativi già a partire dalla scuola primaria, tendono ad ampliarsi nei gradi successivi: un quindicenne su cinque nel Mezzogiorno versa in una condizione di “povertà di conoscenze”, anticamera della povertà economica. Il ritardo si amplia se si tiene conto dei più elevati tassi di abbandono scolastico”.
Ma uno dei nodi più complicati da sciogliere è certamente quello del personale: “In Italia – ha detto Draghi – il reclutamento dei docenti, la loro distribuzione geografica e fra le diverse scuole, i percorsi di carriera sono governati da meccanismi che mescolano, a stadi diversi, precarietà e inamovibilità. La mobilità ha scarso legame con le esigenze educative, con meriti e capacità: ogni anno più di 150 mila insegnanti su 800 mila cambiano cattedra in un travagliato percorso di avvicinamento alla posizione desiderata”.
E poi “pesa il ritardo nello sviluppo di un efficace sistema di valutazione delle scuole, che nell’esperienza degli altri paesi appare indispensabile complemento dell’autonomia scolastica”.
Senza entrare nei dettagli delle scelte concrete, che spettano ovviamente alla politica, il Governatore indica però una linea di indirizzo: “Per cambiare la scuola italiana si deve muovere dalla constatazione dei circoli viziosi che la penalizzano, disincentivano gli insegnanti, tradiscono le responsabilità della scuola pubblica”.
“I problemi nascono qui – ha concluso Draghi – non da una carenza di risorse per studente destinate all’istruzione scolastica, che sono invece più elevate in Italia che nella media dei Paesi europei”.
Si tratta ora di vedere se il mondo politico e sindacale vorrà tenere conto in qualche modo delle osservazioni del Governatore o se la “centralità del sistema scolastico” nello sviluppo sociale ed economico del Paese continuerà a rimanere un bello slogan la cui realizzazione resta spesso un optional.