“Occorre spingere il rinnovo dei contratti collettivi, tra cui quelli del commercio e dei servizi, molti dei quali sono scaduti da troppi anni. La contrattazione collettiva è uno dei punti di forza del nostro modello industriale per l’estensione e la qualità delle tutele ma non raggiunge ancora tutti i lavoratori. A livello europeo è in via di approvazione definitiva una direttiva sul salario minimo ed è in questa direzione che dobbiamo muoverci assieme alle parti sociali, per garantire livelli salariali dignitosi alle fasce in sofferenza. Il reddito di cittadinanza è una misura importante per ridurre la povertà ma può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e per ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro. C’è bisogno di una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita e un impianto sostenibile ancorato al sistema retributivo”. Così il presidente del Consiglio Mario Draghi al Senato.
Il presidente del Consiglio non cita espressamente il contratto del comparto scuola ma ricordiamo che anche quello va rinnovato e che in queste ore l’Aran discute con i sindacati proprio per portare avanti la trattativa sul rinnovo del contratto scuola 2019-2021.
Riflessi della crisi di Governo sulla scuola
Le sorti del Governo sono strettamente legate anche al mondo della scuola, come abbiamo spiegato, dato che la caduta di Draghi metterebbe a rischio sia il rinnovo del contratto 2019-2021 (i sindacati temono che si freni sulla trattativa poiché le risorse con la nuova Legge di Bilancio sarebbero ad alto rischio); sia la riforma del reclutamento e della formazione docenti (i decreti attuativi, così come il Dpcm atteso entro il 31 luglio, potrebbero restare fermi al palo).
Alla luce di queste considerazioni La Tecnica della Scuola interroga i propri lettori: Draghi deve lasciare l’incarico o deve rimanere?