“Investire nella scuola” è “un dovere civile e un atto di giustizia sociale: le società più prospere sono quelle che preparano meglio i loro giovani gestire i cambiamenti”. Sono parole importanti quelle pronunciate dal premier Mario Draghi durante il suo primo appuntamento in una città del Sud, a Bari, dove ha svolto una visita presso l’Istituto tecnico superiore ‘A. Cuccovillo’.
Draghi ha ribadito la necessità di investire “con onestà e rapidità” le risorse “senza precedenti” che il Pnrr destina alle regioni ancora indietro: “I ritardi nella spesa, che per troppo tempo hanno colpito il Mezzogiorno – ha detto – sono un ostacolo alla libertà e una tassa sul futuro dei giovani”.
Poi, il presidente del Consiglio ha difeso le scelte del suo esecutivo: “Dopo anni in cui l’Italia si è spesso dimenticata delle sue ragazze e dei suoi ragazzi – ha detto a colloquio con gli studenti baresi – sappiate che le vostre aspirazioni e attese sono al centro dell’azione di Governo”.
Ma in cosa si traduce tutto questo? Sicuramente in un miglioramento delle condizioni in cui i docenti fanno didattica. E anche quelle degli studenti in formazione, che non possono fare lezione in 25-30 per classe in ambienti pure stretti e angusti.
In parole povere, un risultato altissimo si realizzerebbe andando a cancellare le norme introdotte durante l’ultimo Governo Berlusconi, con Mariastella Gelmini al dicastero dell’Istruzione e Giulio Tremonti all’Economia: più di dieci anni fa, infatti, con il Dpr 189/09 si celebrò il più grande taglio e accorpamento di scuole (almeno 3mila), cancellazione di cattedre (c’è chi dice quasi 200mila), ma anche di posti come Ata, che si ricordi nella storia della scuola italiana.
Una circostanza, alla quale nessun Governo ha sinora messo mano, che ha affossato proprio le scuole (coi loro alunni) collocate nei territori più arretrati. E il Sud, dove l’abbandono e i livelli di apprendimento risultano sempre indietro, purtroppo è quello che ha pagato di più questa anti-cura.
Quindi, sarebbe molto importante, oggi, recuperare quelle aule moderne e più grandi, tecnologie avanzate, come Pc e Lim che possano contare su reti internet adeguate, una presenza meno massiccia degli studenti in classe. Come pure tutti i docenti finalmente in cattedra il primo giorno di scuola. E anche, possibilmente, un numero maggiore di ore settimanali di lezione frontale.
Tutte circostanze che necessitano di massicce risorse. E anche di una revisione delle norme, quelle in particolare introdotte per ridurre il numero di istituti e dipendenti, oltre che per ammassare gli alunni risparmiando quindi sul personale.
Tra le tante riflessioni sulle parole di Draghi, troviamo interessanti quelle di Daniela Ruffino, deputata di Coraggio Italia.
“Ho apprezzato molto le parole di oggi del premier Mario Draghi agli studenti dell’Istituto Cuccovillo di Bari”, ha detto la deputata.
“Mi auguro – ha aggiunto – che finalmente con i fondi del Pnrr si avvii quel cambio di passo che da innumerevoli anni si auspica ad un settore così cruciale come quello dell’Istruzione. Un settore che, al di là dei divari tra Nord e Sud, ha subito nel corso del tempo un’inesorabile e rapido declino, fatto di spending review e tagli“.
Secondo Ruffino “dobbiamo dire con forza che quella stagione è definitivamente archiviata, che le scuole dei piccoli Comuni non verranno mai più chiuse, perché spesso rimangono l’ultimo presidio per regalare ai nostri giovani un futuro, in un contesto che vede i nostri Borghi perdere inesorabilmente terreno nei confronti delle grandi città”.
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