Come ogni inizio di anno scolastico, momento in cui le temperature sono ancora alte, si parla ancora di dress code scuola e decoro. Non sono mancate le solite polemiche relative al modo di vestire di alcuni alunni, con pantaloncini, top corti che lasciano scoperta la pancia e quant’altro.
In alcune scuole medie di Roma alcuni consigli di istituto hanno approvato l’introduzione di divise, polo, felpe e tute con il logo della scuola. Lo riporta La Repubblica. Alcuni genitori, però, non sono d’accordo; ecco i principali motivi: “L’uniforme non consente ai nostri figli di esprimere la propria personalità. In un periodo di forte crisi come questo spendere anche 150 euro per acquistare i capi per la divisa significa mettere in difficoltà le famiglie”.
Ecco invece le ragioni dei consigli d’istituto: “Per limitare le disuguaglianze e non far sentire a disagio chi non può permettersi i capi firmati che ora sono di tendenza anche tra i bambini e per evitare che si ostentino pezzi di corpo, rispettando così la sensibilità altrui”.
A raccontarlo è Giovanni Cogliandro, dirigente dell’istituto comprensivo Mozart: “Si può indossare su base volontaria e visto che per noi il concetto di scuola-azienda è un abominio mettiamo a disposizione delle famiglie anche un vettoriale da poter stampare su una maglia propria”.
Sul sito dell’Ic Anzio 1 una circolare sul rammenta che “il regolamento deve essere rispettato da tutta la comunità scolastica”. Non è assolutamente “permesso”, quindi, “modificare le caratteristiche” dell’uniforme, che è composta da “t-shirt bianca o blu in cotone, maglia blu o bianca con maniche lunghe, girocollo, felpa blu con zip e cappuccio, pantalone blu, felpato o garzato in base alla stagione”. E va rispettata anche la “posizione del logo”.
All’Ic Tivoli 1 la divisa è stata introdotta quest’anno. I capi si possono acquistare solo da due ditte. “Così non si devono comprare tanti capi di tendenza che i bambini vogliono — dice una mamma — E poi si limitano episodi di bullismo. Ma i ragazzi delle medie risentono molto di questo regolamento: probabilmente vorrebbero poter esprimere la propria personalità”. Ma così si evita anche “che sia maschi che femmine vadano a scuola vestiti in maniera non adeguata”.
Cristina Costarelli, a capo dell’Associazione nazionale presidi del Lazio, è molto critica sull’uniforme. “I grossisti dovrebbero essere selezionati da tutti attraverso regolare avviso pubblico. E alcuni studenti già è tanto che vengono a scuola. Se non vogliono indossare la divisa, che si fa?”, si chiede.
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