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Dress code, Unione Studenti: “Circolari inaccettabili, intervenire su problemi reali come dispersione e disagio psicologico”

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In questi giorni stanno fioccando le circolari, emesse dai dirigenti scolastici di vari istituti italiani, relative al dress code, con indicazioni precise su capi di abbigliamento non proprio decorosi da non indossare a scuola da studenti e anche, in alcuni casi, da docenti.

Come riporta La Repubblica, alcuni studenti non accettano proprio queste regole. “Troviamo inaccettabili – dichiara Bianca Chiesa, dell’Unione degli Studenti – le circolari che raccomandano agli studenti un dress code consono agli ambienti scolastici, che spesso assumono connotazioni sessiste e machiste. Prima di pensare all’abbigliamento dei ragazzi sarebbe auspicabile che la politica e le dirigenze delle scuole intervenissero sui reali problemi che ad oggi connotano la scuola nel nostro Paese: dagli edifici che crollano ai tassi di abbandono scolastico che aumentano annualmente, fino al malessere psicologico crescente negli studenti e ai gravissimi episodi di violenza di genere che non cessano di avvenire”.

E conclude: “Siamo stanchi delle continue parole vuote e interventi inutili sulla scuola: vogliamo la garanzia dei diritti degli studenti e vogliamo risposte reali su diritto allo studio, rappresentanza, istruzione e lavoro, edilizia e benessere psicologico”.

Qualche giorno fa si ha avuto notizia di quanto deciso da una scuola di Lecce, in cui una circolare perentoria della dirigente scolastica intima a tutti, ma proprio a tutti – e qui sta la novità – di vestirsi decentemente all’interno del perimetro scolastico: non solo gli alunni, ma anche i docenti e il personale ATA dovranno ottemperare: niente Jeans strappati e minigonne troppo corte, al bando ciabatte e top che lasciano l’ombelico scoperto.

Medioevo o regole necessarie?

La circolare di una scuola di Reggio Emilia vieta canotte, pantaloncini, abiti succinti e minigonne. Qualcuno sui social ha borbottato, al grido di “Medioevo alle porte”.

Il dirigente scolastico ha così replicato: “In tutti i regolamenti di istituto si parla di ‘abbigliamento adeguato’. Semplicemente noi abbiamo dato qualche indicazione in più per evitare anche che l’interpretazione sia personale e per dare ai ragazzi un orientamento preciso”.

“Si tratta di una tematica puramente educativa, non moralizzante. Ma la scuola è comunque di un ambiente di lavoro che richiede abbigliamento consono. Non si tratta di un argomento pruriginoso, ma certo non è necessario venire a scuola con la pancia scoperta. Non chiediamo una divisa, ma il rispetto di un abbigliamento consono. Ci rendiamo conto anche che c’è caldo, ma si può di certo gestire senza usare abiti succinti”, ha concluso.

Una foto virale su Twitter ha scatenato il finimondo

Una foto pubblicata da una studentessa su Twitter qualche giorno fa ha scatenato un putiferio. La fotografia in questione ritrae una ragazzina nel bagno della scuola, che scatta una foto della sua immagine riflessa in uno specchio. I vestiti indossati dalla giovane sono stati oggetto di pesanti critiche.

La ragazza, probabilmente un’adolescente, è vestita con un top che lascia la pancia scoperta e dei jeans strappati, con vistosi e larghi buchi, che lasciano intravedere buona parte delle cosce. La studentessa è messa in posa e tiene in mano, oltre al telefonino, una sigaretta elettronica.

Da qui il finimondo: da chi è concentrato su quest’ultima, a chi ha criticato la posa, a chi si è concentrato sulle numerose scritte nei muri del bagno. Ma soprattutto a tenere banco è l’outfit della ragazza: in molti hanno fatto notare che non si tratta, a loro avviso, di abiti consoni per la scuola.

Ecco alcuni commenti:

“Ma a scuola ti fanno entrare vestita così?”.

“Non mi sembra un abito adeguato per andare a scuola. Hai tutto il giorno per uscire così. Se fossi il preside ti manderei a casa”.

“Ma stai in spiaggia?”.

“Penso che in qualsiasi scuola saresti stata espulsa se ti fossi presentata così. Se ciò non è successo, o è una sola acchiappalike oppure la scuola dovrebbe fare delle domande anche a se stessa e non solo agli studenti”.