Ci sono stati segnalati in questo periodo di chiusura delle scuole per maltempo, alcuni episodi di dirigenti scolatici che non seguono la normativa da rispettare in questi casi.
L’ultima arriva da una docente che segnala la circolare di un preside della scuola dove insegna, in cui informa che il personale assente nei giorni di chiusura della scuola per maltempo sarà collocato d’ufficio in ferie o, in alternativa, potrà richiedere un permesso previsto dal contratto.
Purtroppo, non si tratta di un caso isolato, per cui è bene richiamare la normativa in merito.
Prima di tutto, ricordiamo la differenza fra sospensione delle attività didattiche e chiusura delle scuole.
Nel primo caso, la sospensione delle attività didattiche è dovuta ad eventi straordinari come ad esempio emergenze sanitarie o di pericolo. In questo caso la scuola rimane aperta ma non si svolgono lezioni e solo il personale ATA deve recarsi a scuola.
In questo caso i docenti non sono tenuti a recarsi a scuola a meno che in quei giorni non siano in programma delle attività previste dal piano annuale, ad esempio di ordine collegiale.
Tuttavia, se non si tratta di attività urgenti, il preside può anche disporre di rimandarle in altri giorni.
Mentre invece, la chiusura della scuola disposta per eventi gravi e/o particolari (nevicate, alluvioni, elezioni politiche ecc .) si vieta l’accesso ai locali a tutto il personale e agli allievi.
In caso di maltempo, allerta meteo per pioggia e neve, trattandosi una tutela della pubblica incolumità e del patrimonio che trascende il pubblico interesse allo svolgimento del servizio scolastico, è bene sottolineare che il personale scolastico impossibilitato a prestare servizio, non è soggetto ad alcun recupero, rientrando perfettamente nella casistica contemplata dal codice civile. Infatti, il ritardo nel prendere servizio, o l’assenza dal servizio, per cause non imputabili alla volontà del lavoratore (la situazione di emergenza neve è tra queste) rientrano nei casi previsti dall’art. 1256 del cod. civile: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile“.
Invece l’art. 1258 sancisce che “la stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa ha subito un deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa” .
E’ vero che il comma 3 dell’art. 74 del decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994, prevede come la regolarità dell’anno scolastico sia fissata in almeno 200 giorni di lezione. Ma la circolare Miur del 22 febbraio 2012, specifica che “al verificarsi di eventi imprevedibili e straordinari come un’allerta meteo che inducano i Sindaci ad adottare ordinanze di chiusura delle sedi scolastiche, si deve ritenere che è fatta comunque salva la validità dell’anno scolastico, anche se le cause di forza maggiore, consistenti in eventi non prevedibili e non programmabili, abbiano comportato, in concreto, la discesa dei giorni di lezione al di sotto del limite dei 200, per effetto delle ordinanze sindacali di chiusura delle scuole”.
Pertanto, non c’è nulla da recuperare in caso di chiusura delle scuole causa allerta meteo, anche se si dovesse sforare il limite dei 200 giorni di attività didattica.
E’ vero che dal punto di vista dei 200 giorni esistono casi in cui in passato è stato disposto, direttamente dal Prefetto, il recupero dei giorni per arrivare al tetto di 200, ma la richiesta di questo preside in questione appare piuttosto spiazzante.
Di conseguenza, non si comprende il motivo per cui il DS abbia deciso di obbligare il personale a prendere dei permessi o comunque a metterlo in ferie d’ufficio.
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