Una del critiche più nette alla cosiddetta chiamata diretta riguarda il tema delle responsabilità che il meccanismo metterebbe a carico dei dirigenti scolastici.
Molti, infatti, sostengono che sarà proprio la discrezionalità insita nel meccanismo a far cresce in modo esponenziale le responsabilità dei dirigenti. Ma c’è persino chi sostiene che sui dirigenti graveranno persino responsabilità penali.
Su questo punto bisogna però fare un po’ di chiarezza.
La responsabilità amministrativa, civile e penale riguarda tutti i dipendenti pubblici e non solo i dirigenti scolastici o di altri comparti.
E’ necessario però spiegare che mentre la responsabilità amministrativa e quella civile possono insorgere anche solo per colpa più o meno grave del dipendente, quella penale è sempre collegata al dolo e cioè alla precisa volontà di violare la legge.
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Facciamo un esempio concreto: il dirigente scolastico che oggi “sbaglia” a stipulare un contratto di supplenza perchè non rispetta la graduatoria rischia certamente di perdere una causa civile davanti al giudice del lavoro ma non necessariamente rischia un processo penale.
A maggior ragione un impiego distorto della discrezionalità che spesso i dipendenti dello Stato devono esercitare non equivale automaticamente ad un reato penale.
Basta un esempio banale: docenti e commissari d’esame ricorrono ogni giorno alla discrezionalità; valutare gli alunni è operazione squisitamente discrezionale, ma a nessuno verrebbe mai in mente di sostenere che una valutazione “sbagliata” equivalda ad un reato.
Ma di quale reato si potrebbe rendere responsabile il dirigente scolastico nel momento in cui adotta la chiamata diretta? L’interesse privato in atto d’ufficio o l’abuso d’ufficio?
Tirare in ballo il codice penale parlando di chiamata diretta ci sembra davvero eccessivo, probabilmente perfino fuori luogo.
Ciò detto è del tutto lecito essere contrari alla chiamata diretta, ma non c’è bisogno di agitare il fantasma del tintinnio delle manette.
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