Le finalità previste dall’articolo 2 della legge 170/2010 che riguarda principalmente i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) rappresentano senza dubbio un esempio di grande sensibilità sociale verso problematiche, anche serie, che possono limitare lo sviluppo relazionale e formativo di alcuni nostri ragazzi.
La successiva Direttiva ministeriale del 27/12/2012 estende i principi base della precedente normativa anche ai casi, meno gravi, di alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) nell’ottica di un modello di integrazione scolastica e di inclusività.
Esiste però un problema che molti paventano e cioè che il proliferare nel tempo dei casi dichiarati di alunni con tali problematiche possa essere legato alla convenienza delle promozioni facilitate. In effetti l’art. 5, comma 4, della legge 170 prevede che allo studente siano garantite adeguate forme di verifica e di valutazione.
Da fonte MIUR (Ufficio Gestione Patrimonio Informativo e Statistica) risulta dal 2010 al 2018 un incremento percentuale progressivo dei casi dichiarati solo di DSA che va dallo 0,7% al 3,2% sul totale degli alunni, con 27.6109 casi nell’anno scolastico 2017-2018. Oggi sono parecchi di più e non si sta considerando i BES.
Ciò che colpisce è poi il fatto che le percentuali non sono uguali nei tre ordini scolastici: 2% nella primaria, 5,6% nella secondaria di I grado e 4,7% nella secondaria di II grado (ma erano 0,6 nel 2010-2011).
Il dato non va letto solo come una maggiore attenzione nell’individuare tempestivamente quei problemi che possono creare difficoltà a Scuola ma anche sotto l’aspetto speculativo finalizzato, come sostengono in tanti, ad avere la promozione assicurata.
Quale Consiglio di classe si metterà mai a contraddire una normativa così chiara e determinata? Faccio una considerazione personale. Se io fossi dislessico o discalculico o disortografico o ancora disgrafico ed avessi una certificazione di uno di tali disturbi mi sentirei stigmatizzato e diverso dagli altri, privato di qualche capacità che gli altri possiedono.
Se nessuno mi sprona a migliorare e cercare di correggere il mio gap io mi adagio nel mio stato e comincio a credere che non si possa fare niente. Mi abbandono al mio destino e non mi impegno più. Non mi esercito e non mi sforzo per superare le mie difficoltà. La scuola prende atto del mio stato, adatta i programmi, le verifiche e le valutazioni, mi fornisce eventuali strumenti necessari e tutto finisce lì. La scuola così non mi aiuta ad essere vincente sulle difficoltà ma a restarci confinato dentro!
I campioni paralimpici ci offrono una visione alternativa di come porsi di fronte ad un problema di disabilità vera e propria. Donne e uomini che hanno superato la loro disabilità, che sono stati capaci di abbattere barriere culturali e di mostrare al mondo le proprie abilità! Per fare qualche esempio basta ricordare i campioni del nuoto come il palermitano Misha Palazzo portatore di una rara forma di autismo, la triestina Giorgia Marchi con disabilità intellettiva e la milanese Giulia Terzi con una grave forma di scoliosi.
Questi ragazzi ci dicono, con il loro esempio, che la disabilità può essere compensata e superata con l’impegno e diventare così eccellenti e superiori ai cosiddetti “normali”!
Anche i nostri DSA e BES possono benissimo competere con tutti gli altri. Mi domando quindi se queste normative sull’inclusione siano veramente utili per i nostri figli o fino a che punto li siano?
Non c’è il rischio così facendo di appiattire la loro personalità e la loro resilienza nei confronti delle difficoltà della vita?
A mio avviso una modifica normativa risulterebbe utili affinché l’inclusione dei nostri ragazzi con qualche difficoltà risultasse essere anche uno sprone a produrre e a competere per raggiungere obiettivi formativi più convincenti e valutabili oggettivamente.
Se sono dislessico o sono straniero ed ho problemi per la lingua oppure ho qualche motivazione fisica, biologica o fisiologica mi sta bene che il Consiglio di classe stia attento al mio problema ma io devo studiare di più e recuperare appena posso!
Giuseppe D’Angelo
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