Reclutamento dei docenti e valutazione sono i due nodi che il ministro Maria Chiara Carrozza deve affrontare subito: lo sostiene l’economista Daniele Checchi in un ampio intervento pubblicato sul sito lavoce.info
Checchi parte da una osservazione quasi ovvia e afferma che “il problema centrale per ogni datore di lavoro è attrarre, trattenere e motivare il proprio personale” e il Ministero dell’Istruzione, con il suo milione di dipendenti, è il più grande datore di lavoro del Paese.
Numeri alla mano Checchi rileva che nei prossimi 10 anni più di 300mla insegnanti andranno in pensione, 32mila all’anno in media.
Saranno quindi necessarie non meno di 25mila nuove assunzioni all’anno.
“Ma questo scenario – sottolinea l’economista – si scontra, da un lato, con il concorso a posti per docenti abilitati (quindi un reclutamento immediato) in corso di espletamento e, dall’altro, con la presenza di circa 200mila precari iscritti nelle liste a esaurimento”.
“Il dilemma è chiaro – continua Checchi – immettere in ruolo tutti i precari significa non assumere nessun nuovo laureato per i prossimi dieci anni; immettere solo nuovi laureati significa rendere disoccupati (probabilmente senza alcuna possibilità di reingresso) persone tra i trenta e i quarant’anni con una esperienza media di servizio di 4-5 anni”.
Non a caso il ministro Profumo ha evitato di intervenire sul problema rinviandolo al suo successore.
Il punto è che “non esiste una soluzione palesemente migliore delle altre, ma ci sono soluzioni più o meno inique gene razionalmente”.
La strada potrebbe essere quella di procedere con le nuove assunzioni, cercando di selezionare i migliori aspiranti insegnanti, ma l’operazione – come è facile immaginare non è per niente semplice.
Il secondo nodo è quello della valutazione del sistema scolastico.
“Su questo terreno – ammette Daniele Checchi – i Governi precedenti hanno creato le premesse perché il processo diventi una prassi regolare”.
“Ma la valutazione – fa osservare ancora Checchi – è tale se alla misurazione degli esiti fa seguire interventi correttivi o premiali. Altrimenti rimane un esercizio conoscitivo che può produrre effetti solo attraverso meccanismi reputazionali: studenti e famiglie scelgono le scuole e le università emerse come migliori e abbandonano quelle peggiori”.
La conclusione dell’economista fa riflettere: “Ci auguriamo che il ministro voglia dare un segnale di apertura ai capaci. Verrebbe da chiamarlo “meritocratico” se i suoi predecessori non avessero ideologizzato il termine al punto da renderlo inoperativo. Ma scuola e università, che hanno come mission quella di valutare e selezionare i percorsi formativi dei giovani, non possono sottrarsi ad analoghi processi valutativi e selettivi”.
Vedremo nelle prossime settimane se il ministro Carrozza intende tenere conto in qualche misura di questi suggerimenti.
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