Attualità

Due pesi e due misure? Riflessione sull’ispezione ministeriale richiesta per le maestre di Chieri, accusate di aver strumentalizzato i loro allievi

A Torino ha piovuto insistentemente nella settimana appena passata; non stupisce, quindi, che il 15 maggio scorso, un gruppo di ragazzini di una scuola di Chieri, una cittadina vicina al capoluogo, abbia cercato riparo dalla pioggia a Palazzo Nuovo, sede universitaria in questi giorni occupata dagli studenti che protestano per il massacro del popolo palestinese. A quanto leggiamo dalle cronache dei giornali, maestre e bambini non erano in visita guidata a Palazzo Nuovo; avevano appena preso parte ad un laboratorio che si svolgeva proprio vicino alla sede universitaria e, a causa della pioggia, erano entrati nell’edificio.

A questo punto alcuni bambini si sono messi ad imitare gli studenti e a scandire slogan per la Palestina libera; qualcuno dei piccoli è anche riuscito a prendere una bandiera e a sventolarla. Il fatto è documentato da un video che gira in rete e che non so da chi sia stato divulgato. Le maestre e gli universitari  propongono la stessa versione: era intenzione del gruppo non restare sotto la pioggia e mangiare un panino in pace. Sembrerebbe tutto normale, senonché il video avrebbe disturbato assai Bruno Gazzo, Presidente  della Federazione Associazioni Italia Israele, che lo ha definito “episodio sconcertante, ingiustificabile sul piano didattico, meritevole di una ispezione da parte del ministero”. Accanto a lui, nella veemente condanna, il Gruppo Sionistico Piemontese.

A nulla è valso che le maestre abbiano subito chiarito e che la casualità della loro presenza sia stata confermata dagli studenti in protesta. L’ispezione è immediatamente partita, con la stessa celerità con cui partì, qualche tempo fa, la polemica nei confronti della scuola di Pioltello che aveva deciso di chiudere per la conclusione del Ramadan. Polemica ai più alti livelli, in cui, a nostro avviso, il ministro Valditara scivolò sulla buccia di banana dell’autonomia scolastica, dichiarando che «le scuole non possono stabilire nuove festività in modo diretto o indiretto». Si era dimenticato che il consiglio di circolo o d’istituto, fra gli altri compiti, ha quello di adattare “il calendario scolastico alle specifiche esigenze ambientali su proposta del collegio dei docenti”.  A Pioltello la questione finì mettendoci una “pezza” da parte degli organi collegiali della scuola: si aggiustò la delibera, sottolineando l’aspetto “didattico” della scelta.

  Abbiamo ricordato il “caso Pioltello” per un motivo preciso: a Vicenza venerdì 10 e sabato 11 maggio tutte le scuole di ogni ordine e grado sono rimaste chiuse così come, nel resto della provincia, le scuole secondarie di secondo grado. I sindaci si son fatti garanti, firmando le apposite ordinanze. Motivo della chiusura: la 95° adunata degli Alpini, che farà affluire nel territorio centinaia di migliaia di persone. Verrebbe da dire che i sindaci avrebbero fatto meglio ad organizzare in altro modo l’evento, garantendo l’accoglienza senza negare il diritto allo studio dei ragazzi. Ma tant’è. Innegabilmente gli alpini vengono ritenuti  una buona causa per una chiusura di due giorni, mentre il Ramadan, pur in una situazione in cui gran parte degli studenti quel giorno non frequenterà, non è causa dicibile né sufficiente. Non credo, invece, non ci sia motivo di chiusura delle scuole per eventi ampiamente prevedibili. A meno che la “calata degli Alpini” non venga intesa alla stregua di un evento naturale che richieda addirittura la chiusura delle scuole.

   Tornando al punto da cui siamo partiti – e cioè l’ispezione nei confronti delle maestre che, con i loro piccoli studenti, si sono trovate nel bel mezzo della protesta studentesca -, auspicherei da parte degli ispettori e del Ministro un atteggiamento saggio e all’insegna della ragionevolezza.

Lo so che invocare il buon senso è pretendere un po’ troppo, ma ci provo. Dunque, le maestre hanno detto che volevano ripararsi dalla pioggia. Pioveva? Sì, a catinelle. Avevano, le tre maestre, la responsabilità del gruppo di bambini, che dovevano ancora mangiare: potevano stare sotto la pioggia? No. Sono andati apposta a Palazzo Nuovo? No, perché erano appena usciti da un laboratorio che sta a 300 metri dall’Università. Possiamo pensare che le maestre abbiano istigato i bambini ad unirsi ai cori o che, piuttosto, i bambini, visto il clima festoso che emerge dal video, abbiano preso questa come una buona occasione per far chiasso? Questa seconda ipotesi appare molto probabile. Infine, i bambini inneggiavano al Führer o scandivano “Palestina libera, Gaza libera”, auspicio che, a rigore, dovremmo condividere tutti?

È molto probabile che piccole creature di 7 anni non comprendessero pienamente quello che stavano dicendo; cosa che li accomuna a gran parte degli adulti che sta guardando al massacro del popolo palestinese con una certa indifferenza e che magari, obbligata ad indicare su una carta geografica muta la Palestina nemmeno saprebbe dove collocarla. Dal video mi pare anche molto probabile che il ragazzo che guidava il gruppetto di bambini abbia voluto intrattenerli, in attesa che si sedessero per mangiare un panino. Ci sembra del tutto sproporzionata la richiesta di un’ispezione, così come esagerata ci appare la reazione della Federazione Italia Israele e del Gruppo Sionistico Piemontese e fuor di misura il titolo del Secolo d’Italia: “Torino, i bambini delle elementari arruolati dai pro Palestina: in corteo nell’ateneo occupato. Ispezione del ministero”. Anche le parole sono pietre e quell’“arruolati dai pro Palestina” suona davvero sinistro: si vogliono difendere i nostri bambini da presunte strumentalizzazioni e si mette tra parentesi il numero enorme, inaccettabile di bambini trucidati a Gaza, fatti morire per la violenza della guerra di fame, di sete, di stenti. Voglio precisare  che, anche in questo caso, come in quello prima ricordato di Pioltello e Vicenza, chi governa adotta un po’ troppo spesso due pesi e due misure.

    Il puntuale lavoro svolto dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole ci dimostra l’indebita ingerenza dei militari e del tema militare nelle nostre scuole: ma non ci risulta che il MIM abbia mai promosso ispezioni per questo motivo.  Segnalo, come esempio chiaro, semmai il Ministero non lo conoscesse, un video di qualche anno fa. Siamo in una scuola del catanese, e i piccoli si preparano ad accogliere festosamente un gruppo di Marines (mi pare siano militari USA) intonando giustappunto l’inno dei Marines. I bambini, poverini, sono stati addestrati per l’evento, per accogliere i benefattori che porteranno in dono zainetti. Era il 2018 e non si ha notizia che i docenti coinvolti o il preside abbiano subito alcuna ispezione, nonostante la manipolazione dei ragazzini fosse, in questo caso, assai pesante e non certo a favore della pace. Quante ore di lezione saranno state impiegate per preparare la coreografia che stringe il cuore, per organizzare lo sventolio di bandierine che accompagna il canto, le cui parole iniziali voglio ricordare: “From the Halls of Montezuma,/ To the shores of Tripoli;/ we fight our country’s battles/In the air, on land, and sea  (…)” insomma, un inno alla guerra totale, nell’aria, sulla terra, sul mare. Meglio questo, signor Ministro o uno spontaneo, casuale, non preparato “Palestina libera” che, la si pensi come si vuole, esprime almeno un desiderio di pace?

Qui sotto il video catanese, che spero il Ministro, se non lo conosce, confronti in modo equanime con quello torinese.

Giovanna Lo Presti

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