Categorie: Attualità

E adesso, quale futuro per la delega sull’inclusione?

Prima dell’attuale crisi di Governo, in occasione di un recente incontro con i sindacati, il Miur aveva annunciato che avrebbe messo mano alla legge delega sull’inclusione entro la fine dell’anno.

I contenuti di tale delega sono stati da me sinteticamente esposti nel mio primo blog di qualche giorno fa. In pratica, il Governo Renzi, durante la sopraccitata riunione di metà Novembre aveva proposto ai sindacati:

a) una formazione iniziale e continua dei docenti per il sostegno più adeguata e specifica sulle tematiche del sostegno e dell’inclusione. I futuri insegnanti specializzati dovrebbero conseguire almeno 120 Crediti formativi universitari  sulla Didattica inclusiva e e sulla Pedagogia speciale (oggi ne bastano solo 60);

b) una formazione obbligatoria dei docenti in servizio, da inserirsi possibilmente nelle “priorità” tematiche dei “Piani Nazionali”;

C) l’effettuazione della certificazione della disabilità ancora da parte delle attuali commissioni mediche, ma con specialisti adeguati ai minori ossia pediatri e non geriatri. La stessa commissione, poi, integrata da personale scolastico, dovrebbe procedere ad una valutazione “diagnostico-funzionale”, in modo da definire la gravità della disabilità in rapporto alla scuola;

D) l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;

e) la previsione di “indicatori di qualità” per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica;

f) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all’inclusione (CTS, CTI e CTR), con la costituzione di appositi Centri per l’Inclusione Scolastica;

g) la previsione dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica;

h) la previsione dell’obbligo della formazione iniziale ed in servizio per il personale ATA sugli aspetti specifici relativi all’assistenza di base ed all’assistenza all’autonomia ed alla comunicazione degli alunni/studenti con disabilità;

i) la previsione della garanzia dell’istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 12, comma 9, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Fin qui l’operato del Governo Renzi, anche se forse sarebbe più opportuno parlare solo di buone intenzioni considerato che, nonostante le sue rassicurazioni sulla pubblicazione della Delega sull’inclusione entro la fine dell’anno, l’unica cosa certa per noi persone con disabilità è che, prima delle sue dimissioni del 7 Dicembre u.s., quella “bozza” noi non l’avevamo ancora “vista” e che sul tema si era fatto finora solo “tanto rumore per nulla”

E adesso, quale futuro per la delega sull’inclusione?

Innanzitutto, a scanso di equivoci, voglio subito precisare di non essere pregiudizialmente e pretestuosamente contrario ai principi ispiratori contenuti nella bozza di delega sull’inclusione proposta dall’uscente esecutivo che, anzi, condivido in buona parte.

Tuttavia, ritengo che essa fosse viziata da un “peccato originale”, perché pretendeva di “rivoluzionare” il sistema del sostegno, senza cercare un rapporto stretto e fattivo ed un coinvolgimento concreto di chi i problemi della scuola e dell’inclusione scolastica li vive sulla “propria pelle” ed in prima persona, come fanno quotidianamente le famiglie dei nostri alunni/studenti e le Associazioni di e per le persone con disabilità.

L’inclusione non può prescindere dallo sforzo collaborativo del MIUR, che deve essere sempre in grado di confrontarsi a “tutto tondo” e di attivare sinergie positive e cercare sintonie strategiche con tutto il contesto scolastico (dunque anche con gli allievi disabili, con i loro genitori e con chi li rappresenta), senza sconfinamenti in campi altrui e nell’unico interesse del loro diritto allo studio.

Non credo che, con il nascituro Governo, il processo di riforma del sostegno che si stava cercando di attuare si arresterà. Anzi, sono convinto che esso sarà finalmente rafforzato e corroborato con il concorso e la partecipazione più ampia e collegiale possibile. L’inclusione scolastica, infatti, riguarda tutti, nessuno escluso.

Solo tenendo costantemente presente tale principio “supremo, qualsiasi Governo che verrà, sarà in grado di non proporci più soluzioni “solipsistiche” ed esclusivamente “emergenziali” sul sostegno, ma potrà finalmente promuovere una riorganizzazione strutturale, funzionale ed efficace del processo inclusivo degli allievi con disabilità del nostro Paese.

Il “regalo” di Natale più bello che auspico per le Associazioni di e per disabili è che, nell’ambito del prossimo Esecutivo, il nuovo Ministro per l’istruzione, l’Università e la ricerca riscopra la capacità “contrattuale” di coinvolgere e collaborare con tutte le componenti interne ed esterne della scuola, nel rispetto delle diverse competenze e funzioni, rivelandosi così determinante per il raggiungimento di risultati di qualità nell’erogazione dei servizi a supporto dell’inclusione scolastica, garantendone l’uniformità su tutto il territorio nazionale.

“Niente su di noi senza di noi”: è questo il motto del movimento internazionale delle persone con disabilità. Ed ancora “i disabili, come protagonisti delle loro vite, partecipi delle scelte politiche ed attori delle decisioni su di loro”. Ebbene, è giunto il momento di passare da questi “ammirevoli” slogan alle prassi operative in quanto, senza il nostro “modesto” ma competente contributo, qualsiasi Governo, di qualsivoglia “colore” politico, tenderà a considerare sempre l’inclusione scolastica come un “adempimento formale”, o peggio ancora, un mero procedimento contabile, basato soltanto sulla quantificazione numerica delle ore del sostegno. Devono essere, invece, gli interventi, le risorse, il piano sul ragazzo ed il “contesto nel loro insieme a dare misura della qualità dell’integrazione scolastica. Non solo quantità, quindi, ma anche e soprattutto “qualità del sostegno.

Tuttavia, il miracolo di questo obiettivo sarà possibile realizzarlo se sia al MIUR, sia all’interno delle nostre organizzazioni si smetterà di pensare una volta per tutte che non esistono un “io” ed un “tu, separati tra loro, ma solo un “Noi”.

Infatti, cooperando e lavorando insieme, potremo fare in modo che il Piano annuale dell’inclusività non sia, come adesso si verifica di sovente, solo un aspetto residuale e marginale del PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa). Al contrario, esso ne deve diventare parte integrante, retro-agendo sulle “ordinarie” pratiche didattiche, riorientando positivamente il percorso d’istruzione di ogni studente ed assicurando in siffatto modo il successo formativo di tutti e di ciascuno.

Soltanto una leadership educativa e “partecipativa” così forte sul tema dell’inclusione da parte del nuovo Governo può far si che l’interazione scuola- famiglia- Enti locali- Soggetti ed Associazioni del territorio (anche di e per persone con disabilità) non si riduca a prassi stanche e sterili, ma rappresenti un importante momento di condivisione ed impegno comune.

Gianluca Rapisarda

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