E così ritorna l’educazione civica a scuola, per almeno un’ora a settimana.
Una bella cosa, secondo il parere di tutti.
Anzitutto, però, mi verrebbe da dire, la migliore educazione civica sarebbe ed è il comportamento, è il linguaggio, è il modo di essere dei nostri politici e di tutti noi, perché sono loro, come leader, e siamo noi la nostra vera “educazione civica”.
È con l’esempio, infatti, che anzitutto si insegna e che i ragazzi imparano.
Una verità semplicissima, e, proprio per questo, difficilissima.
La scuola non è il ricettacolo di qualsiasi “educazione”, se poi le cose che vengono maturate in classe sono quotidianamente smentite da coloro che dovrebbero essere i primi testimonial.
Poi resta la questione del “come”.
Perché le scuole hanno già, con l’organico di fatto di questi giorni, assegnati i docenti, secondo le varie classi di concorso, per un orario scolastico che già conosciamo.
Dunque, che fare?
O si costruirà un percorso trasversale, in modo tale che, soprattutto nelle materie umanistiche, certe tematiche possano essere affrontate e discusse e confrontate da angolazioni diverse, oppure?
Ma non è quello che già facciamo, senza bisogno di leggi o prescrizioni?
Vedremo le indicazioni che verranno fornite.
Lo stesso per i temi legati a “Cittadinanza e Costituzione” che, lo sappiamo, sono entrati anche negli esami di maturità.
E così, dopo le tante “educazioni”, dopo le “competenze trasversali” che hanno preso il posto, in modo confuso (se le competenze non hanno risvolti trasversali che competenze sono?), dopo alcuni progetti ed iniziative che arricchiscono, se belle proposte, il percorso scolastico, ci ritroviamo a districarci da mille pretese formative.
Sapendo che, al dunque, la scuola deve fare scuola, perché la formazione di base va garantita, e viene giustamente pretesa e richiesta.
Perché non si fa una bella riflessione su quale debba essere il compito della scuola oggi, lasciandola un po’ in pace rispetto alle tante pretese?
Perché non la lasciamo a chi la scuola la fa e la sa fare?
Perché i due presidi al governo non dicono questo ai loro colleghi?
Nel frattempo, quando ci si accorge, attraverso prove di sistema come l’Invalsi, che i ragazzi non sanno comprendere ciò che leggono, che si fa?
Cioè, gli stessi che inzuppano la scuola da altre mille educazioni, che fanno?
Invece di curare il malato, potenziando la scuola, dando risorse e strumenti, con un sistema di valutazione serio, preferiscono nascondere la polvere sotto il tappeto di queste educazioni, mettendo tra parentesi quegli strumenti che, assieme ad altri strumenti, sono in grado di dirci che le cose non vanno.
Così va il mondo oggi.
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