Dopo la sbornia di numeri e percentuali derivanti dal voto del 4 marzo, l’attenzione per l’allestimento dell’Esecutivo della XVIII legislatura si sposta tutta sul Quirinale: la logica vuole che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nei prossimi giorni convochi il candidato premier che ha riscosso più consensi e quindi affidi il difficile incarico (visti i numeri) a Luigi Di Maio.
Come coalizione, però, quella formata da Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia supera il 37%, anche il pieno di voti centrato dai “grillini”. Se valesse questo principio, potrebbe allora essere incaricato Matteo Salvini a ricevere l’incarico per allestire il nuovo Governo.
Già abbiamo scritto che per la Scuola non è proprio la stessa cosa. Di sicuro, entrambi hanno le idee chiare sul nuovo possibile ministro dell’Istruzione.
Nel primo caso, quello dei pentastellati, il nominativo è stato annunciato prima delle elezioni: si tratta di Salvatore Giuliano, dirigente scolastico dell’attivissimo Istituto tecnico industriale Majorana di Brindisi, dove ha raddoppiato gli iscritti, pre-designato dal Movimento Cinque Stelle in caso di vittoria alle elezioni:
Sul programma che potrebbe imporre a Viale Trastevere non si hanno ancora indicazioni specifiche: di sicuro, si sa che è un innovatore, tanto da essere stato ribattezzato come un preside 2.0.
Poi ci sono le sue ultime dichiarazioni rilasciate dopo le prime La7, più morbide, che sembravano prendere le distanze dalla voglia di cancellare la Legge 107/2015 espressa da tempo da Luigi Di Maio e più in linea con il suo passato da iscritto all’Anp e soprattutto da collaboratore attivo della riforma Renzi-Giannini, con tanto di elogi all’ex premier democratico.
“La Buona Scuola? Tutta da buttare e da riscrivere da capo”, ha detto Giuliano. “Alle assunzioni fatte, e che restano, ne faremo altre. Ci tengo a far sapere inoltre che mi sono dimesso dal sindacato ANP il giorno successivo alla dichiarazione avvenuta in un convegno, dove ANP utilizzava il termine “docente contrastivo” con riferimento ai docenti contrari alla buona scuola. La Buona Scuola è un provvedimento disastroso, che ha distrutto la vita di migliaia di insegnanti”.
Giuliano, infine, dovrà per forza di cose affrontare i “desiderata” di Di Maio sulle disposizioni considerate più dannose della Legge 107/15: la chiamata diretta, i bonus, l’eccesso di potere ai presidi (quindi alla sua categoria!) e le difficoltà emerse con l’accelerazione sull’alternanza scuola-lavoro.
Per quanto riguarda la coalizione di Destra, l’individuazione del possibile ministro dell’Istruzione è meno semplice. Ma solo in apparenza. Perché negli ultimi mesi il leader della Lega, Matteo Salvini, ha prestato una sempre maggiore attenzione al comparto scolastico. Confermandolo anche alla Tecnica della Scuola. In questa sua convinzione ha trovato in Mario Pittoni, già senatore del Carroccio ed esperto del settore, uno degli alleati più fidati. Ora che i risultati hanno premiato le idee e lo sforzo, con una percentuale di voti che ha lasciata abbondantemente dietro la favorita Forza Italia, da parte del candidato premier leghista, ne siamo certi, arriverà la richiesta di affidare il dicastero bianco di Viale Trastevere proprio a Pittoni.
Certo, bisognerà vedere quali sono gli equilibri politici che reggeranno l’eventuale proposta di Governo da consegnare nelle mani di Mattarella. Intanto, cerchiamo di capire chi è e cosa potrebbe realizzare Mario Pittoni, se davvero dovesse arrivare a sedersi sulla poltrona più importante del Miur: prima di tutto il politico udinese, appena rieletto a Palazzo Madama, ha espresso l’intenzione di lavorare sul reclutamento, sia assorbendo i precari storici, che hanno svolto tre anni di supplenze, ma anche tirando una ciambella di salvataggio alle maestre con diploma magistrale, “cacciate” dalle GaE da un Consiglio di Stato irremovibile; e anche cercando di trovare una soluzione ai tanti trasferimenti forzati che il governo Renzi ha attuato in cambio del contratto a tempo indeterminato.
Ma la proposta che più contraddistingue Pittoni è quella dei concorsi su base regionale, introducendo il “domicilio professionale”, che ispirandosi ai principi del federalismo stroncherebbe sul nascere il “balletto” annuale dei trasferimenti e delle assegnazioni provvisorie per tornare a casa, che agli studenti bene non fa.
Nell’agenda di Pittoni, c’è poi l’assunzione di tutti i vincitori del concorso a cattedra, una sistemazione del “potenziamento” e dell’alternanza scuola-lavoro e il ritorno alla bocciatura: tutti provvedimenti che per il rappresentante del Carroccio sono stati introdotti in modo superficiale e dilettantistico.
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