Un nostro lettore interviene, con dovizia di osservazioni, sulla questione della conferma dei docenti di sostegno su richiesta delle famiglie.
Le considerazioni proposte sono tutte di grande interesse e si rifanno ad analisi proposte anche da molti altri osservatori.
La ricchezza del dibattito su questo tema dimostra senza dubbio che si tratta di una questione che sta coinvolgendo migliaia di docenti e di famiglie. Da parte nostra vorremmo segnalare un dato: quanto abbiamo letto finora conferma che i docenti, sia quelli a favore della misura sia quelli contrari, mettono in luce i motivi per cui risulta necessario tenere conto della posizione del docente di sostegno che risulta in ogni caso per tutti il “perno” del processo di inclusione.
A nostro parere è un peccato che il dibattito si concentri tutto sulla figura del docente di sostegno come se tutti gli altri insegnanti del team non fossero anche responsabili del buon esito del processo.
In sostegno vogliamo dire che ci piacerebbe se il dibattito sul tema fosse più articolato e non si limitasse a una sorta di referendum “conferma sì – conferma no” relativo però al solo docente di sostegno.
Si tratta – va anche detto – di una distorsione indotta dalla norma stessa che sembra quindi dimenticare la stessa “filosofia” che, a partire dagli anni ’70 e per almeno 4 decenni, ha segnato le attività di inclusione nella scuola italiana [R.P.]
Mamma, voglio quello.
Ormai non ci si meraviglia più di niente, sappiamo bene che ogni tipo di decisione, anche la ‘singolare’, può essere presa nella nostra burocratica, complessa e spesso contraddittoria ‘macchina’ educatrice, chiamata scuola.
Eppure (mai più avrei pensato si arrivasse a tanto) il nostro ‘saggio’ Ministero dell’Istruzione (e del merito ovviamente) è riuscito a stupire tutti (o molti) con un’iniziativa assai singolare (per ora solo un Decreto legge in discussione alla Camera) riguardo la scelta degli insegnanti di sostegno.
Sì, il ‘competente’ Ministero è riuscito (davvero bravo !) a lasciarci a bocca aperta e senza parole riguardo questo argomento. Pensate un po’, dal prossimo anno scolastico gli insegnanti di sostegno a tempo determinato potrebbero essere scelti, sostanzialmente, non già dallo Stato (secondo criteri oggettivi e in base all’esperienza e ai titoli) come il buon senso suggerirebbe, ma dai genitori degli alunni ‘fragili’. Più probabilmente, in realtà, dagli stessi alunni, secondo le loro emozioni, le simpatie, le sensazioni o transitorie impressioni. Sarà così la famiglia e l’alunno fragile a scegliere se continuare a dare un lavoro ad un docente di sostegno precario o lasciarlo a casa, magari senza alcun stipendio.
Ma con quali seri criteri, quali competenze, quali capacità decisionali, se non i ’sentimenti’ (pur rispettabili) dei loro bambini? Certo, sarà necessario il ‘placet’ del Dirigente scolastico.
Ma sembra solo una formalità, un comma inserito per salvare le apparenze. Solo apparenze, perché in realtà qui siamo di fronte ad un ritirarsi dello Stato, quasi (non vorremmo nemmeno dirlo) ad un venire meno dei suoi doveri costituzionali.
“Se l’allievo si è trovato bene con quel docente, perché non continuare questa collaborazione?”.
Così il Potere cerca (con qualche balbettio) di giustificare una tale decisione. Ma se poi, lo stesso allievo (per varie ragioni o per improvvisi cambi di umore) si stancasse di quel docente.
Che facciamo? Lo scartiamo e ne prendiamo un altro nella speranza che trovi la ‘benedizione’ dell’allievo? Veramente assurdo!
Forse il discorso da portare avanti dovrebbe essere un altro.
Un serie di concorsi mirati ad assumere un cospicuo numero di docenti di sostegno, da inserire poi, come ‘titolari di cattedra’, nelle scuole potrebbe essere un comportamento più corretto (e anche più onorevole).
In questo modo ogni scuola avrebbe un consistente numero di insegnanti di sostegno (specializzati quindi nell’affrontare determinati ‘disagi’ giovanili) per far fronte ad una richiesta sempre più alta (purtroppo) di questa tipologia di docente e, nello stesso, tempo, garantire la continuità didattica, il criterio più razionale (forse non il migliore, ammettiamolo) per l’assegnazione di cattedre di sostegno.
Cattedre assegnate dal Dirigente scolastico (che potrebbe tenere conto delle richieste genitoriali), non certo lasciate agli ‘umori’ delle famiglie. Probabilmente non si coprirebbero tutte le situazioni di ‘fragilità’, molte di più, però, di quante ne vengano ‘garantite’ attualmente. I concorsi costano?
Basta tagliare qualche spesa inutile e molti corsi o progetti sterili e discutibili ‘imposti’ ogni anno dall’Alto. E poi, con tutte le risorse che il Ministero dell’Istruzione (e del merito chiaramente) è riuscito ad avere (così afferma e proclama), che problema c’è?
Ma siamo poi così sicuri che il cambiamento sia sempre negativo? Ovviamente no. Certi mutamenti, magari non ben visti dalle famiglie (e dai loro figli) potrebbero alla fine rivelarsi più positivi di quanto ci si potesse aspettare e portare grandi benefici alla crescita dell’alunno ‘ in difficoltà’. Del resto anche questi ragazzi ‘deboli’ nella vita, seppure in maniera più protetta, dovranno imparare a relazionarsi con persone diverse. Perché allora non incominciare ad apprendere questa capacità a scuola.
Forse, in questo modo, sarebbero agevolati nel trovare uno ‘spazio’ sicuro nella vita.
Comunque, al di là, di questa considerazione (che meriterebbe un maggior approfondimento e anche conoscenze più solide da parte della scrivente), la decisione del Governo rischia di avere, in un futuro non lontano, conseguenze inaspettate (o forse al contrario volute) e sconvolgenti nella scuola.
Già adesso, infatti, i genitori e i figli vorrebbero avere docenti che rispondessero ai loro ‘desiderata’, nell’illusione di una scuola in cui si apprende bene senza troppa fatica, si vive tranquilli e sereni senza troppo studio, si impara ludicamente senza alcun ‘sudore della fronte’ e si ottengono risultati veramente brillanti con poco sforzo cerebrale. Non è questa la scuola che serve ai giovani per crescere, diventare donne e uomini ed essere pronti e ben tetragoni ad affrontare le inevitabili difficoltà della vita. Direi quasi, invece, l’esatto contrario. E se un giorno (funesto giorno) si arrivasse ad estendere la discrezionalità dei genitori sui docenti e a concedere loro il ‘potere’ concreto di scegliere, confermare o non confermare gli insegnanti (tutti gli insegnanti, di tutte le discipline) per i loro figli? Non voglio neanche pensarci. Sarebbe una rovina per la scuola, dominata dalla poca competenza (o incompetenza dei genitori) e governata dalla naturale immaturità degli alunni, e una disgrazia per gli docenti, costretti, per lavorare, ad accettare e subire le idee spesso ‘ bizzarre’ di padri e madri. Diventerebbero servi. Ma non servi dello Stato, bensì servi (schiavi) delle ‘voglie’ dell’utenza e vittime di leggi ‘economiche’ (domanda-offerta) che nulla hanno a che fare con la cultura, il sapere, la ricerca, la rispettosa libertà e i veri valori umani. Una tragica distopia. No! Non voglio neppure pensarci.
Per il momento il Decreto legge sul sostegno ‘precario’ è ancora in discussione alla Camera. Potrebbe essere modificato, non approvato o attuato in tempi più lontani. Ma non illudiamoci troppo. In un Paese come il nostro in cui ogni Governo va avanti a colpi di Decreti legge e di Fiducie (nonostante un’ampia maggioranza parlamentare), le speranze sono assai ridotte.
Andrea Ceriani.
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