È la terza volta che il premier Matteo Renzi parla di scuola rivolgendosi ai cittadini. La prima volta è stata lo scorso 3 settembre, quando presentò la prima versione della Buona Scuola: quella, per intenderci, che prevedeva 150mila assunzioni, l’assegnazione degli incentivi stipendiali al 66% del personale docente più meritevole in ogni istituto e la fine della ‘supplentite’.
Poi arrivò la consultazione on line, che bocciò diverse parti di quel progetto. E anche il rimpasto di sottosegretari, che portò all’Istruzione, in autunno, il sottosegretario Davide Faraone: l’artefice dei cambiamenti che hanno portato alla produzione di un testo in Consiglio dei ministri, a marzo, decisamente diverso dal primo.
In quegli stessi giorni il Partito Democratico dedicò una domenica mattina, a Roma, proprio per parlare delle novità introdotte: nell’occasione fu sempre Renzi a spiegare le modifiche, centrando il suo intervento sulla necessità di valorizzare la professione del docente e del fornire alle scuole una maggiore autonomia.
L’ultima uscita del presidente del Consiglio sullo stesso tema, che vorrebbe i docenti presi finalmente “dal fuoco sacro dell’insegnamento” piuttosto che da altre questioni, è arrivata il 13 maggio. Al culmine di una protesta generalizzata, capitanata da sindacati e associazioni, che hanno prodotto il più grande sciopero della scuola, quello del 5 maggio scorso, e la concreta possibilità che possano essere bloccati gli scrutini.
Per calmare la piazza, per ritrovare il dialogo, Renzi punta su cinque punti: l’alternanza scuola lavoro per combattere la disoccupazione; la cultura umanista – con l’investimento nelle materie classiche, nella scienza e nella matematica; nel dare più soldi agli insegnanti, con 200milioni di euro ai più meritevoli 500 euro in più all’anno che vengono dati ad ogni insegnante della sucola pubblica, l’autonomia scolastica e l’abbattimento del precariato. Negando che “il preside assume l’amico dell’amico”, e che i precari verrebbero licenziati i precari dopo 36 mesi di servizio: sono falsità, sottilinea il premier.
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Infine, l’annuncio della circolare che porterà 4 miliardi all’edilizia scolastica. “Possiamo discutere serenamente sulla scuola?”, si chiede Renzi. Forse, così, l’Italia tornerebbe “a crescere” cambiando “il Paese” e “facciamolo su cose concrete, non sugli slogan ideologici”.
Il premier ce l’ha messa tutta. Ora sta ai cittadini, ai docenti, alle parti sociali, dire se è servito. Se hanno cambiato idea. Oppure se continueranno a protestare per chiedere l’annullamento di quella riforma che Renzi 15 mesi fa aveva messo al primo posto dell’agenda di Governo.
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