Categorie: Personale

E’ lecito l’uso dell’etilometro a scuola?

I fatti: il 27 febbraio u.s. il dirigente dell’istituto alberghiero “Carlo Porta” di Milano ha introdotto l’uso dell’etilometro per effettuare, su docenti e personale Ata, dei controlli a campione.

Per attivare la procedura ha emanato una circolare con la quale informa che è stata attivata apposita convenzione con un medico competente e chiede che venga sottoscritto un consenso informato per autorizzare l’esecuzione del test alcolimetrico. Nel documento da sottoscrivere si fa dichiarare al lavoratore che egli stesso è consapevole:

 

• che, in caso di positività, potrebbe incorrere in sanzioni disciplinari anche gravi, quali il licenziamento;

• che in caso di rifiuto ad effettuare il test, il medico competente sarà obbligato a segnalare il fatto immediatamente al datore di lavoro che, a sua volta, sarà obbligato ad allontanare il lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e ad adibirlo, ove possibile, ad altra mansione, oltre a informare formalmente l’organo di vigilanza per l’irrogazione delle sanzioni previste (arresto fino ad un mese o ammenda da 200 a 600 euro).

 

La prima domanda da porsi è se il dirigente scolastico possa, o meno, assumere una simile iniziativa.

Posto che il D.L. n.  81/2008 non parla specificamente di accertamenti relativi all’uso di alcool, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ha invece emanato un provvedimento – in data 16/3/2006 – recante “Intesa in materia di individuazione delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, ai sensi dell’articolo 15 della legge 30 marzo 2001, n. 125. Intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131”.

Il provvedimento stila un elenco di attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute di terzi ed al punto “6” della suddetta lista si legge: “attività di insegnamento nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado”.

Dunque il dirigente del “Porta” è nel lecito.

Ma è anche nel giusto? Viene infatti da porsi la domanda circa l’opportunità del provvedimento, assunto esaminando conseguenze e possibili alternative allo stesso:

 

1) trattasi dell’unica scuola in Italia ad aver adottato un simile provvedimento e verosimilmente ci sarà una spiegazione;

2) l’azione ha irritato un buon numero di docenti che si sono rifiutati di firmare il consenso informato e avrà pertanto luogo un inevitabile contenzioso legale tra dipendenti e dirigenza;

3) tutti i docenti sono stati esposti al pubblico ludibrio come coloro che insegnano nell’unico istituto italiano alberghiero dove si deve attuare l’alcool test a tutela dell’utenza;

4) la tempistica è improvvida per un simile provvedimento che vede coinvolto un istituto alberghiero milanese di prestigio alle soglie dell’EXPO (sul cibo) nel capoluogo lombardo;

5) vi sono da sostenere costi non indifferenti per l’esecuzione del test con l’etilometro, quando nell’istituto non vengono pagate le supplenze, né vengono autorizzati i corsi di recupero per mancanza di fondi (come riferito dagli stessi docenti dell’istituto);

6) inutilità del provvedimento (tra l’altro non a tappeto ma a campione e dunque con alta probabilità di non individuare l’eventuale caso “positivo”) per il possibile ricorso all’accertamento medico d’ufficio cui il dirigente può ricorrere in ogni momento;

7) non dovrebbero essere coinvolti (in quanto non ricompresi nell’elenco dei lavoratori a rischio) gli operatori Ata.

 

Questi alcuni aspetti che sconsigliano il dirigente del “Porta” dall’insistere nella sua iniziativa. Non ci resta che rinnovargli l’invito ad evitare inutili forzature che potrebbero scatenare contenziosi coi suoi dipendenti e levata di scudi dei sindacati.

La fiducia dei dipendenti non si acquisisce con imposizioni e ordini di servizio, ma con azioni pazienti, condivise e mirate, ricorrendo a strumenti collaudati ed evitando forzature atipiche. Tutti i dirigenti scolastici d’Italia sembrano saperlo. Tranne uno. Per ora.

 

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Vittorio Lodolo D'Oria

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