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E lo chiamano ancora “Asilo”…

Dal primo giardino dell’infanzia in Italia, aperto a Venezia nel 1869, passando per la Scuola materna fino ad arrivare alla Scuola dell’infanzia, è trascorso poco più di un Secolo e mezzo, eppure il termine di “maestre giardiniere” per indicare le attuali insegnanti di scuola dell’infanzia, definitivamente abbandonato nel 1968, e quello di “asilo” resistono ancora in alcune zone rurali e nella memoria dei nostri nonni il primo, e nel linguaggio comune il secondo.

A molti sembrerà poco verosimile, ma il passaggio dai Kindergarten di Fröbel alla Scuola materna, fu molto travagliato e non privo di risvolti e contrapposizioni politiche.

Infatti solo con la Legge 18 marzo 1968, n. 444 e grazie alla caparbietà di Aldo Moro, allora Presidente del Consiglio, e di Luigi Gui, Ministro della Pubblica Istruzione, il termine di scuola materna, già introdotto dalle sorelle Agazzi a fine Ottocento, entra a pieno titolo nel nostro sistema scolastico.

Di “Scuola dell’infanzia” si parlerà poi negli Orientamenti del 1991 in sostituzione della dicitura “Scuola materna”.

Il curricolo verrà successivamente ridefinito sulla base delle “Indicazioni nazionali per il curricolo“ a partire dall’anno scolastico 2012/2013 che andranno a sostituire le Indicazioni nazionali per i piani personalizzati delle attività educative del 2004 e le Indicazioni per il curricolo del 2007.

In Italia, secondo l’Ufficio di statistica del MIM, “le sedi scolastiche che compongono le istituzioni sono 40.321, il 68,9% delle quali è dedicato all’infanzia e all’istruzione primaria”, in particolare quelle materne sono 13.135 di cui 1.508 in Sicilia e 1.507 in Campania

Anche nelle Paritarie la scuola dell’infanzia è quella dove si “concentra il maggior numero di alunni (in valore assoluto): 449.819 bambini distribuiti in 8.303 scuole.”

Se a questo aggiungiamo che la percentuale di alunni tra i 3 e i 5 anni che frequenta una scuola dell’infanzia si avvicina moltissimo alla media europea si comprende quale funzione e quale importanza essa riveste per le famiglie.

Eppure nonostante questo segmento del nostro sistema educativo assuma, secondo uno studio dell’UNICEF (A WORLD READY TO LEARN: Prioritizing quality early childhood education), “un’importanza rilevante ponendo basi solide per l’apprendimento futuro e costituendo una finestra di opportunità per costruire le basi dell’apprendimento”, da molte famiglie è visto ancora come una sorta di baby parking dove “parcheggiare” i propri figli delegando ad altri il proprio ruolo.

Occorre un cambio di paradigma e maggiore consapevolezza delle famiglie, oltre che una serie di investimenti e di risorse da destinare alla Scuola dell’Infanzia.

A questo proposito il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha più volte ribadito che “Il tema della scuola dell’infanzia è importantissimo”. aggiungendo che “siamo molto vicini agli obiettivi fissati a Barcellona dall’Unione Europea, ovvero il raggiungimento di standard qualitativi che garantiscano un’offerta di asili nido e scuole d’infanzia adeguata alla necessità del Paese“. “Oltre i 4,9 miliardi di fondi europei – ha sottolineato – il Ministero aggiungerà ulteriori 1,8 miliardi per l’edilizia scolastica e il potenziamento dei servizi nella fascia di età 0-6 anni”.

Un investimento importante ma che dovrebbe essere accompagnato da una rivisitazione della Scuola dell’infanzia (adeguamento della retribuzione e della disparità orario-cattedra rispetto agli altri ordini di scuola) oltre rendendola obbligatoria, come molti invocano da anni o limitando l’obbligatorietà alla fascia dei 5 anni e da interventi a favore della natalità.

Quest’ultimo aspetto è di notevole importanza dal momento che nel 2041 si prevede una riduzione del 5,3 per cento per i bambini nella fascia d’età 0 e 5 anni. Ovviamente il calo demografico investe tutte le fasce di età e, conseguentemente, sugli iscritti di ogni ordine di scuola nonché sull’organico docenti.

Se continuerà il calo delle nascite “l’organico docente che è una variabile dipendente degli studenti rischierebbe di passare dalle attuali oltre 684mila cattedre a circa 558.000 nel 2033/34. Una riduzione di 10/12mila posti di lavoro ogni anno, ma dobbiamo dare risposte su questo tema“, ha detto il Ministro assicurando interventi a favore della natalità.

Giorgio Mottola

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