Avrebbe compiuto 101 anni fra 4 mesi: è morto il 5 giugno Jerome Bruner, statunitense, certamente uno dei massimi piscologi dell’educazione del Novecento.
La sua fama mondiale come psicologo e pedagogista risale al 1959 quando il Governo americano gli affidò il compito di presiedere la conferenza di Woods Hale convocata per rifondare i programmi scolastici e renderli competitivi a livello internazionale: erano gli anni della guerra fredda e l’America si interrogava sui motivi per cui i Russi avevano grande successo in ambito scientifico e tecnico (poco tempo prima proprio i Russi avevano lanciato nello spazio lo Sputinik, il primo satellite artificiale della Terra).
Ma in ambito piscologico a Bruner va ascritto anche il grande merito di aver contribuito alla affermazione definitiva del modello cognitivista a discapito del comportamentismo più o meno classico.
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Per venire alla storia della nostra scuola, Bruner è considerato uno degli ispiratori dei programmi della scuola elementare approvati nel 1985 e rimasti in vigore per un ventennio quando vennero sostituiti dalle Indicazioni nazionali.
Certamente se ne va con Bruner uno dei più straordinari studiosi del pensiero e dell’apprendimento umano. Pur rimanendo molto legato al pensiero scientifico americano, Bruner attinse molto alla cultura e alla scienza europea e riuscì ad operare una sintesi fra la tradizione d’oltreoceano e i risultati più significativi della ricerca che si era sviluppata in Europa nel campo della psicologia dell’educazione (Piaget e Vigotsky in particolare).
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