Felice Gimondi ci ha lasciati: l’ex campione italiano di ciclismo è deceduto per un malore mentre faceva il bagno in Sicilia, nelle acque di Giardini Naxos. Avrebbe compiuto 77 anni il prossimo 26 settembre. Sarebbero stati inutili i tentativi di rianimarlo da parte di alcuni bagnanti e dei medici del 118.
Per rianimarlo è intervenuta anche una motovedetta della Guardia Costiera, ma tutti i tentativi di rianimarlo da parte dei medici sono stati inutili.
L’ex campione italiano di ciclismo era sofferente di cuore. E secondo i soccorritori il malore sarebbe riconducibile ad un infarto.
“Ho avuto un solo idolo nella mia vita: Felice Gimondi. Ogni volta che lo vedevo era un’emozione perché quando ti innamori di un campione è per tutta la vita. Sei stato un grande Felice”, ha scritto su Twitter il ct della Nazionale di ciclismo Davide Cassani.
“Era un corridore vero, un duro che non mollava mai, eravamo avversari ma ci siamo sempre rispettati. Per tanti anni siamo stati assieme nel consiglio Uci, spesso viaggiavamo assieme dall’Italia a Ginevra, ci raccontavamo di tutto”, ha detto Francesco Moser, che di Felice Gimondi è stato avversario nelle gare e poi amico nella vita.
“Un ricordo? Al Giro del ’76, che poi vinse, quando l’aspettammo dopo una caduta e sembrava che quasi non ce la facesse”.
Anche secondo un altro grande campione di ciclismo, Gianni Bugno, certamente Gimondi “senza il belga avrebbe vinto di più, ma ha avuto comunque la fortuna di diventare tra i più grandi della storia del ciclismo. Non parlava molto se non con i fatti e ha sempre espresso le sue opinioni senza clamori”.
In molti hanno etichettato Felice Gimondi “eterno secondo”, perché in molte occasione dovette cedere al “cannibale” belga Eddy Merckx.
Però, oltre ai tanti piazzamenti alle sue spalle, Gimondi, che era originario di Sedrina, in Val Brembana, collezionò tantissime vittorie: professionista dal 1965 al 1979, Felice Gimondi è stato uno dei sette corridori ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri, cioè Giro d’Italia (per tre volte, nel 1967, 1969 e 1976), Tour de France (nel 1965) e Vuelta a Espana (nel 1968). Complessivamente, in quindici stagioni da professionista vinse 141 corse.
Il suo coraggio, assieme al modo spericolato di vivere la bici, lo portarono a raggiungere traguardi altissimi.
Il giornalista Gianni Brera, che prediligeva soprannominare i grandi dello sport, lo chiamava “Felix de Mondi” e “Nuvola Rossa”.
Il campione ha fatto la storia del ciclismo italiani. E non solo.
Quell’uomo, nato povero e che lasciò il posto fisso da “postino” solo dopo avere vinto a sorpresa il Tour de France, è stato l’emblema del coraggio e della rivalsa, della voglia di farcela anche quando c’è qualcuno più forte di te: un esempio da seguire, sempre.
Eppure, per molti giovanissimi Felice Gimondi è poco più di una figurina: un campione del passato, del quale hanno visto qualche breve filmato e forse letto qualche descrizione della sua carriera.
Tra di loro, ci sono anche tanti giovani annoiati della vita, che magari cercano di ravvivarla con palliativi che non portano da nessuna parte. Se si informassero sulle gesta e sul coraggio di Felice Gimondi comprenderebbero, probabilmente, quanto male si stanno facendo.
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