I lettori ci scrivono

E poi ci sono i NO-DAD…

L’Italia ha investito e investe tuttora migliaia di euro per la formazione digitale dei docenti e degli studenti al fine di aggiornare prassi educative e consolidare competenze in grado di ampliare l’offerta formativa e potenziare i percorsi di apprendimento. 

Fa bene il Ministro a puntare sull’innovazione digitale, infatti le Scuole e i Docenti si sono già da tempo adeguati alle richieste del Ministero e hanno fin da subito accettato le nuove sfide e colto le nuove opportunità di formazione e aggiornamento. 

Molte scuole, come la mia, hanno anche elaborato curricoli digitali per l’acquisizione delle competenze digitali degli studenti, competenze che rientrano tra le otto competenze chiave europee. 

Alla luce di tutto questo, pur approvando e condividendo pienamente le finalità formative, mi chiedo a cosa serva il Piano Nazionale Scuola Digitale, i corsi che continuiamo a fare sulla didattica digitale, gli Animatori e i Team per l’innovazione digitale, le Equipe Formative Territoriali, i webinar di formazione, la sperimentazione di nuove modalità di insegnamento/apprendimento e via discorrendo, se poi quando serve applicare tutta questa innovazione digitale nel concreto, per esempio per supportare le scuole nei momenti di emergenza e per periodi limitatissimi, (parliamo di due/tre settimane), in Sicilia le scuole preferiscono addirittura chiuderle e allungare le vacanze!

Quindi le scuole, meglio chiuse che in DAD? 

Per concludere, ricordo che mentre sulla formazione gli investimenti fioccano, sulla tecnologia per la Didattica a Distanza non ci sono stati gli interventi che tutti si aspettavano.

Se finora abbiamo lavorato in DAD è solo grazie a piattaforme digitali messe a disposizione gratuitamente da aziende private. La piattaforma didattica digitale pubblica promessa dal Ministero due anni fa non è mai arrivata! 

Spero che chi è preposto a prendere decisioni così delicate sul mondo della scuola si confronti prima con chi la scuola la vive quotidianamente e sulla propria pelle. Per esempio ascoltando le voci di migliaia di presidi e docenti che hanno chiesto a gran voce due settimane di DAD prima di rientrare a scuola in presenza.

Sembra che ormai sia diventata una questione strettamente politica e centralizzata, quasi una questione di principio che pare non tenere conto delle singole realtà territoriali.

È come se ci fosse una gara tra questo Governo e il precedente: vince chi ricorre meno alla DAD? Ma di questa specie di gioco a braccio di ferro, chi paga le conseguenze?

Elisa Tuzzetti

I lettori ci scrivono

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