Sembrava che l’autonomia scolastica l’avesse ridimensionata, invece…
Dipendiamo ogni giorno dalle circolari ministeriali. Che valgono più delle leggi. Basta vadere come è stata gestita la mobilità, con alcuni sindacati che sono arrivati a dichiarare, beati loro, “abbiamo corretto le storture della legge”. Altro che certezza del diritto!
Oramai si vive di miti, se non di illusioni. Le quali fanno sì camminare gli eventi, ma poi, alla prima verifica, finiscono sempre per produrre disincanto, se non rabbia.
Anche per il concetto di autonomia è un po’ così. Una parola magica, ma difficile da coniugare in modo trasparente. Parlare di autonomia oggi è, dunque, sempre più complicato.
Primo, perché in troppi, negli anni, l’hanno usata solo in termini strumentali. Pensiamo solo alle Regioni come mini-Stati, con pregi e difetti. O al caos che regna in tante scuole, a livello di governance.
Secondo, perché è diventata un paravento per mascherare, in coloro che hanno le redini (del potere o della responsabilità?), la mancanza di autorevolezza.
L’autonomia, invece, richiede il “principio di responsabilità”, richiede l’”etica della responsabilità personale”, cioè la centralità non dello Stato, delle categorie, dei ceti, delle lobby, ma delle persone, nella loro vita reale. La conseguenza? Difficile oggi parlare di responsabilità, visto il continuo scaricabarile.
La fonte del diritto, in poche parole, non è lo Stato, o le sue propaggini. Ma le persone. Compito dello Stato è (dovrebbe essere) solo quello di regolare le modalità del diritto.
Se l’autonomia non implica, poi, la “sussidiarietà”, verticale e orizzontale, è solo fumo, per chi non vuole vedere, per chi ama accontentarsi di vecchi e nuovi slogan. Fare come il Trentino, che, come è noto, gestisce tutto il mondo della formazione senza dipendere dal Miur? L’autonomia dovrebbe portare a Regioni tutte “speciali”, secondo la propria specificità. Su una base comune ed una specifica, ma, prima ancora, con forme di verifica e di valutazioni non marginali, come oggi, ma sostanziali: chi sbaglia paga, cioè la certezza del diritto (altro mito). Questa è democrazia.
La tendenza oggi, invece, è quella dell’accentramento, del decisionismo (che sia nazionale o regionale poco importa), cioè di una nuova “mistica del capo”.
Allora, diciamoci la verità, parlare oggi di autonomia finisce per essere una finzione, una delle tante. Basta vedere l’assurdo, come i concorsi dei docenti. Invece di ripensare a forme sussidiarie di assunzione del personale, come già avviene in tutto il mondo del lavoro. Con al centro non le categorie, ma le persone, le loro passioni, competenze, sensibilità. Cioè la vita reale.
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