Può capitare che il prof sia razzista? Pare di sì, anzi, sembra accertato dalle cronache, tra le quali la più inaccettabile risulta quella attribuita a una docente che rivolgendosi al suo alunno marocchino di una classe di istruzione secondaria di primo grado lo chiami “scimpanzé”. E pare che abbia pure aggiunto: “Bisogna isolare quello scimpanzé, non dovete parlare con lui”.
Aggraverebbe la sua situazione il fatto che la frase sia stata pronunciata in Dad e mentre il ragazzo era assente perché non riusciva più a sopportare gli insulti.
La vicenda è venuta fuori dopo la denuncia che il padre del ragazzo ha presentato ai carabinieri nella quale viene pure descritto un altro abuso perpetrato da una seconda prof che avrebbe storpiato il suo nome. E alle rimostranze dell’alunno, la docente avrebbe risposto: “Io ti chiamo come mi pare, se non ti sta bene tornatene al tuo Paese”.
“Ho presentato la denuncia – ha spiegato il padre al Messaggero – perché credo che laddove ci siano mele marce sia importante intervenire. Noi attribuiamo le responsabilità esclusivamente a chi si è rivolto in modo così grave a nostro figlio e sappiamo che l’errore di una o di poche persone non possono rappresentare un’etichetta negativa per l’intera scuola. Non posso però nascondere che ci saremmo aspettati qualche intervento più deciso”.
E da chi? Dalla scuola che starebbe facendo accertamenti per capire meglio, mentre però è stata necessaria una denuncia per fare conoscere l’accaduto.
In ogni caso, conseguenza di tutto questo, compreso uno screzio con un compagno, è stato il rifiuto del ragazzo a proseguire negli studi e ha abbandonato la scuola: “Mio figlio – racconta ancora il genitore – non vuole più andare a scuola. Stiamo cercando di farlo aiutare e la relazione fatta da un esperto dopo qualche colloquio con lui parla di mio figlio come di un ragazzo esemplare, ma comprensibilmente turbato da questi eventi”.
Intanto il genitore, dopo avere presentato la denuncia, assicura “di avere le prove” di quanto afferma e di aver depositato anche alcuni dispositivi digitali a testimonianza dell’accaduto.
È vero che la scuola è lo specchio della società e che tutte le contraddizioni che in essa pullulano si riflettono anche nelle aule scolastiche, ma è anche vero che chi si è assunto il compito di istruire i figli degli altri e di educarli alla cittadinanza e alle regole su cui si pasa la nostra democrazia, compreso il rispetto delle garanzie costituzionali, dovrebbe sforzarsi di rappresentarle e di adottarle, almeno coi ragazzi.
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