Visto che gli studenti finlandesi sono tra i più bravi a livello internazionale nei rapporti PISA, perché non provare a imitare la loro struttura scolastica?
Innanzitutto la Finlandia non ha una differenza tra scuola primaria e scuola media, ma un’unica scuola obbligatoria che va dai 7 anni ai 16 anni.
Come non ricordare il fallito tentativo del ministro Luigi Berlinguer di riformare la nostra scuola tentando di uniformare il settore della scuola di base? E anche il tentativo di far decollare la valutazione degli insegnanti per la cui massiccia opposizione dovette dimettersi? Ma le idee giuste, anche se sconfitte, ritornano a prima o poi a galla…
Torniamo alla Finlandia. Libri di testo e mensa scolastica sono gratuiti per tutti gli anni dell’obbligatorietà. La nostra Costituzione prevede la gratuità dell’istruzione obbligatoria, ma è una norma che non viene attuata. E poi ci si lamenta della dispersione scolastica che è alta! Dobbiamo dare i mezzi ai più poveri per potersi istruire.
Dopo la scuola obbligatoria, gli studenti finlandesi scelgono di andare o alla scuola secondaria superiore (corrispondente ai nostri licei) o alla scuola professionale superiore che dura 3 anni. Lo studio è libero, personalizzato e si danno pochi compiti a casa.
Ma la novità introdotta recentemente è che si aboliscono le materie e si propone di studiare quelli che vengono chiamati “fenomeni” con metodo interdisciplinare, secondo quanto auspicava Edgar Morin che insiste nei suoi testi sull’unità del sapere che poi è anche unità uomo-mondo, uomo-natura e unità scienze umane- scienze della natura.
Introdurre l’insegnamento interdisciplinare significa superare l’antiquata lezione frontale e separata per discipline; significa raccordarsi con l’attualità; significa anche utilizzare al meglio le nuove tecnologie infromatiche.
Per Benedetto Vertecchi, “decano dei pedagogisti italiani “, non è copiando la Finlandia che si migliora il sistema scolastico italiano.
Io penso che invece occorre rifarsi ai sistemi scolastici migliori e in Finlandia troviamo l’eccellenza. Quanto all’obiezione che non è abolendo le materie che si migliora, io distinguerei la scuola di base dalla scuola superiore. Nella scuola di base occorre presentare un sapere ancora unitario. Nella scuola superiore si va nella specializzazione delle discipline, come avviene anche all’università, senza dimenticare però mai l’unitarietà del sapere.
Quando si dice giustamente che la scuola media è l’anello debole del nostro sistema scolastico, non si riflette mai abbastanza che aver introdotto nell’età pre-adolescenziale la frammentarietà delle discipline è un grosso errore psicologico e pedagogico.
Sempre sulla Finlandia, ricordo che i docenti vengono ben pagati, hanno un ruolo sociale riconosciuto e quindi sono molto motivati. Stanno però più tempo a scuola per programmare, fanno corsi di recupero e socializzano tra di loro, che è poi quello che crea una comunità educante.
Le scuole sono piccole e non megascuole come le si vuole attuare in Italia per risparmiare: quando gli studenti diventano più di 300 ,le si sdoppia e le si affida a due direzioni differenti.
Infine è una scuola che non boccia, come auspicava don Milani, che adesso ipocritamente il MIUR si accinge a celebrare, senza però mettere in atto i suoi dettami, come è successo anche con la Montessori, i grandi pedagogisti che l’Italia ha avuto, ma riconosciuti solo a parole e mai nei fatti.Perciò la scuola italiana rimane sempre indietro.
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