Dal professore Giordano Otello Marilli, giovane docente di italiano, latino, greco e storia presso il Liceo “Giuseppe Peano” di Tortona, riceviamo una interessante riflessione sulla dad e sulle sue ventilate conseguenze su quella in presenza: un pc potrà mai sostituire l’aula?
Uno dei temi attorno a cui si articola il dibattito sulla scuola è quello relativo alla didattica a distanza. Per questo una riflessione sullo strumento occorre farla: una delle preoccupazioni più ricorrenti riguarda la possibile sostituzione delle didattica in presenza con lo strumento digitale. Su questo occorre essere chiari nessuna sostituzione è possibile, neppure per accompagnare la cosiddetta fase 2 e men che meno in una condizione di ritorno alla normalità. A cosa può servire, allora, l’esperienza di questi mesi? Può aiutarci ad aggiungere uno strumento, la didattica digitale, che può favorire una transizione ad un nuovo approccio didattico e metodologico, partendo innanzitutto da ciò che ha dimostrato in negativo la DAD: digital divide, mera ritrasposizione della didattica frontale mediata dal video o, peggio, assegnazione di compiti o materiali senza alcuna spiegazione o accompagnamento e, forse la più odiosa tra le negatività, la distanza siderale tra esperienze positive e quelle negativa (che sembrano essere predominanti).
La scuola è, o almeno dovrebbe essere, un fattore di mobilità sociale: lo è stata negli anni del boom economico e ha accompagnato una modernizzazione della società negli anni ‘70. È riuscita ad anticipare esigenze nella e della società: penso soprattutto al tema dell’inclusione, al superamento delle classi differenziali. Un contributo essenziale, a mio avviso, è stato dato da esperienze come quella di Don Milani e di Barbiana ( quanto farebbe bene rileggere “lettera ad una professoressa” nell’attuale discussione sulla valutazione numerica nella scuola primaria e secondaria di primo grado).
Oggi nella DAD il rischio è di ricadere in un errore antico: fare parti eguali fra diseguali. Questi mesi suggeriscono, dunque, di investire e, per amor di verità, tale suggerimento è stato colto dal legislatore sono tanti i milioni che sono stati destinati alle scuole per l’acquisto di hardware e strumenti di connettività; tuttavia, l’investimento dovrebbe essere di tipo infrastrutturale sul piano della piena accessibilità alla rete a tutti i cittadini. Questo non per un affannato ossequio al modernismo, ma perché questa pandemia ha dimostrato che senza un accesso stabile e funzionante alla rete si è tagliati fuori da un complesso sistema di relazioni sociali, educative e lavorative.
Nella fase due ci sono, per un tempo non ancora definito, limitazioni che vanno dalle interazioni sociali agli spostamenti fisici: quest’ultimo aspetto si traduce in una riduzione anche del trasporto pubblico locale con conseguente impatto sul pendolarismo studentesco e lavorativo. In ambito lavorativo si può ovviare, nei limiti del possibile, con una implementazione del lavoro agile o smart working, ma per gli studenti non si può ridurre tutto a fare lezione a distanza. Proviamo, quindi, a riflettere in positivo sul “che fare”.
La priorità educativa non può che essere riportare gli studenti, tutti gli studenti, a scuola in sicurezza sperimentando forme educative nuove: dalle classi aperte, con un numero congruo di alunni, alla rimodulazione degli insegnamenti, ad un’articolazione oraria differente, più ampia. Ogni segmento del sistema di istruzione ha bisogno di ripensarsi, mettendo al centro la realizzazione dei bisogni educativi degli studenti e avendo come fondamento la relazione educativa che solo maestre, professoresse, maestri e professori, riescono a portare avanti in presenza.
Tuttavia, come detto in precedenza per raggiungere tali obiettivi, ed evitare il loop citato dal fumettista Makkox venerdì 8 maggio su La7, occorrerà aggiungere agli strumenti canonici quelli digitali e a distanza e per questo occorrerà formarsi, essere attrezzati per utilizzarli al meglio: evitando di cambiare piattaforme “edu” ogni 15 giorni, comprendendo che i contenuti da veicolare con la DAD devono essere realizzati in modo differente da quello che si utilizza in presenza, garantendo agli studenti piena accessibilità ai contenuti digitali dei libri di testo (dal supporto hardware a quello software, alla connettività), rispettando pienamente il percorso inclusivo per gli studenti più fragili ed esposti.
Qualsiasi ipotesi che preveda un ritorno de facto alle classi differenziali o a possibili selezioni di “classe” per indirizzo di studi non solo sarebbero inaccettabili ma sono fuori dalla storia e dalla cultura democratica della scuola pubblica. Uno strumento imprescindibile nel rilancio della scuola viene ad essere quello dell’autonomia scolastica: oggi più che mai occorre farla funzionare e renderla operativa e per fare ciò è necessario una volta di più che essa, l’autonomia, sia sostenuta da investimenti importanti e ingenti da parte dello Stato perché altrimenti oltre a sprecare un’occasione unica per modernizzare la scuola, la avremo abbandonata, forse irrimediabilmente.
Giordano Otello Marilli
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