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È ufficiale: dai rifiuti possono nascere prodotti d’uso quotidiano. Ma agli studenti chi glielo dice?

I rifiuti si stanno rivelando una risorsa sempre più importante. Peccato che nel credo popolare questo concetto ancora non sia arrivato. Dopo aver dato notizia della prima scuola al mondo costruita a Santo Domingo da un gruppo di studenti universitari statunitensi utilizzando esclusivamente scarti ed energia rinnovabile, anche la scienza ammette pubblicamente che i rifiuti dovrebbero avere un utilizzo ben diverso rispetto all’eliminazione fisica cui vengono ancora quasi sempre destinati: uno studio presentato a Philadelphia, nel corso del meeting nazionale dell’American Chemical Society, realizzato in collaborazione con la catena americana Starbucks, fondato sull’uso dei fondi di caffè e dei prodotti da forno residui, ha infatti dimostrato come il recupero di rifiuti alimentari, derivanti da ristoranti, bar o mense, produca un elemento fondamentale per la realizzazione di materie plastiche, detersivi per bucato e decine di altri prodotti di uso quotidiano.
Considerando che nel mondo vengono immessi in discarica per essere sprecati circa 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti di cibo è evidente che il vantaggio sarebbe doppio: secondo il capo progetto del team che ha realizzato lo studio, Carol Lin, professoressa alla scuola di Energia e Ambiente della City University di Hong Kong, alla produzione di materiale vario si aggiungerebbe la riduzione dell’impatto ambientale che si viene a determinare con l’attuale trattamento dei rifiuti.
Il primo progetto è stato realizzato in Asia, nello Starbucks di Hong Kong, dove è stata testata l’affidabilità della tecnologia, chiamata bioraffineria, producendo circa 5mila tonnellate di rifiuti riutilizzabili, compresi prodotti da forno. Sino ad oggi, questi rifiuti erano inceneriti o smaltiti in discarica.
I risultati sono stati eccellenti. Lo sviluppo di questa nuova tecnica consentirà anche di ridurre l’utilizzo per i biocombustibili di mais e colture alimentari, sempre più scarsi in questo periodo di siccità in America, migliorando dunque la sostenibilità ambientale e l’utilizzo delle risorse. Dopo la presentazione negli Stati Uniti del progetto in questi giorni, il team asiatico starebbe progettando di avviare un test nei prossimi mesi anche in Germania.
E se il progetto arrivasse anche in Italia? Saremmo pronti ad accoglierlo? Probabilmente no. In molte regioni le difficoltà nel realizzare la raccolta differenziata la dicono lunga sulla sua possibilità di realizzazione. Probabilmente occorrerebbe prima preparare la cittadinanza. Ad iniziare dall’attuazione di adeguati corsi scolastici. Nel nostro Paese qualche lodevole iniziativa in ambito scolastico è stata già avviata. Ed ha dimostrato che la strada è lunga. Ma sicuramente percorribile.
Alessandro Giuliani

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