In riferimento alla lettera “Una scuola che boccia, boccia anche se stessa”, mi domando se gli operatori didattici comprendano chiaramente il significato del concetto di “scuola delle competenze”, anch’esso molto usato oggi giorno tra gli operatori di settore. Confesso che parlare di competenze che dovrebbero possedere dei semplici neofiti delle varie discipline scolastiche mi sembra un po’ esagerato.
Chi si avvicina per la prima volta ad una disciplina è già tanto che possa acquisire delle conoscenze più che delle competenze. Le vere competenze lasciamole agli studenti universitari, post-laurea. Comunque soprassediamo su questo aspetto. Mi pare logico però che le conoscenze/competenze, per essere acquisite, prevedano un certo impegno e dedizione che non vanno dissociate dal concetto di resilienza. Lo studente dovrebbe infatti manifestare, nei confronti degli eventuali insuccessi ai quali si può andare incontro durante il complesso processo dell’apprendimento, una certa capacità di ripresa e un rafforzato impegno.
Ma questa resilienza non si riscontra così facilmente nei nostri ragazzi. Al contrario essi dimostrano di gettare subito la spugna e di non impegnarsi affatto. Non dimostrano alcun bisogno formativo ma una spiccata demotivazione. Qualcosa non va! Includere significa dare sempre la possibilità di superare le difficoltà incontrate in itinere e predisporre tutte le condizioni a corollario che possano permettere ciò. Ma includere solo per includere non è assolutamente formativo! Serve una restituzione oggettiva in termini di produttività scolastica. Non si può restare improduttivi fino al termine dell’anno scolastico in virtù di tale principio. Nessuna azienda continua a pagare i suoi operai se questi non producono almeno il minimo sindacale! La produzione scolastica non è da meno (nell’ottica di una nota accezione del concetto di Scuola vista proprio come un’azienda). Se si continua a premiare chi non produce chi produrrà?
Non capisco il senso della frase: “un insegnamento valido per tutti, in grado di istruire tutta la classe, non solo i più bravi”. Un insegnamento valido per tutti non può esistere!
Gli alunni non sono robot programmabili. Ognuno ha i suoi tempi di apprendimento, in rapporto alle dinamiche di classe, alle proprie attitudini, alla propria vita personale nonché agli aspetti relazionali con l’insegnante della singola disciplina. Ogni alunno, come anche ogni insegnante, è un universo a sé, bello/brutto ed intrigante. Non esiste una “ricetta” unica. Ciò che conta è trasmettere amore per la disciplina, ed una certa etica, rispettando i propri impegni ed il patto formativo! I ragazzi capiscono bene regole certe e non ambigue!
Alle regole certe si adeguano e producono come devono e di buona voglia. Se la regola è: “studia e sarai promosso, non fare nulla e sarai bocciato”, essa produrrà frutti esprimibili anche in termini di competenze, acquisite realmente. Se la regola è invece differente, nell’ottica di una falsa inclusività, allora il risultato sarà l’appiattimento e le mancate competenze! Forse questa logica paga in termini di consensi da parte di un’utenza genitoriale inconsapevole, maliziosa e pretenziosa ma certamente non in termini di vera formazione dei nostri giovani!
Nessun insegnante desidera “bocciare” i propri alunni, sarebbe un autolesionista! Un buon insegnante le “pedagogie del motivare, del promuovere tutti gli studenti indirizzandoli verso il successo formativo” le mette in atto durante il complesso processo formativo nel corso dell’anno scolastico. Ma se passa il principio dell’includere tanto per includere, con premialità finale data per certa, ogni sforzo didattico-educativo del docente è destinato a fallire. Stiamo dimenticando il principio pedagogico del “bastone e della carota” che detto così può suonare male ma che si risolve nel più didattico concetto di patto formativo sopra accennato.
In conclusione, quindi, contraddico l’espressione che “la scuola che boccia, boccia anche se stessa” affermando che la scuola che boccia dopo aver esperito con professionalità le metodologie didattiche disponibili non boccia se stessa ma promuove efficacemente la crescita delle competenze dei propri alunni e dei cittadini e professionisti di domani. Non vorrei mai più sentire tali affermazioni che dimostrano soltanto l’elevato livello di confusione che alberga forse anche negli stessi operatori didattici, ma mi rendo conto che questa è, probabilmente, una speranza vana.
Giuseppe D’Angelo
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