Quattro comparti per i dipendenti pubblici e altrettanti per i dirigenti, articolati in: scuola (con università, ricerca e alta formazione artistica e musicale), sanità, poteri locali (Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane) e infine i «poteri nazionali» in cui accorpare tutto il resto.
L’Aran ha illustrato ieri ai sindacati, scrive Il Sole 24 Ore, la proposta per la riduzione a quattro dei dodici comparti in cui è diviso oggi il pubblico impiego, condizione indispensabile per avviare le trattative sui contratti come ricordato nei giorni scorsi dal ministro della Pa Marianna Madia.
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Con questa rimodulazione, nei prossimi giorni dovrebbe arrivare la risposta sui criteri di calcolo della rappresentatività, per individuare i sindacati che raggiungono il numero sufficiente di voti e di deleghe per sedersi alle trattative dei nuovi comparti.
Il problema riguarda soprattutto università e Afam, chiamate a unirsi al milione di dipendenti della scuola, e il compartone nazionale, mentre per enti territoriali e sanità il quadro rimarrebbe sostanzialmente invariato. Per mettere al riparo il processo dal rischio ricorsi da parte di quei sindacati non confederali che nei nuovi comparti perderebbero il posto al tavolo, si studiano ipotesi di “traghettamento” delle sigle attuali nel primo rinnovo dei contratti, in attesa di ripartire a regime dopo le prossime elezioni previste fra due anni.