Le banche? “Cos’è rapinare una banca al paragone di fondarne una?”: lo diceva Bertolt Brecht, ma lui si riferiva alla sua missione di istituto autorizzato all’usura, mentre i Cina viene addirittura riscoperta dalla scuola la cui mission è quella di dare voti e giudizi che talvolta vincolano l’accesso ai corsi nelle università e l’avvio di percorsi di formazione.
E così, riporta Il Corriere della Sera, una scuola superiore di Nanchino ha creato la prima «banca dei voti». Uno schema grazie al quale gli allievi possono chiedere in prestito dei voti per migliorare la loro media, purché siano in grado successivamente di restituirli. Lo stesso principio insomma dei mutui e dei prestiti in denaro offerti dalle banche.
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Lo schema è solo sperimentale per una cinquantina di allievi, secondo il quale i ragazzi possano ottenere dei voti aggiuntivi in modo da non abbassare troppo la loro media. I voti presi dalla banca, però, vanno restituiti studiando di più in modo da ottenere valutazioni nettamente superiori rispetto alle aspettative e che quindi funzionano come fossero dei crediti e vanno a bilanciare i debiti contratti.
E gli interessi tanto care alla banche? Essi vengono richiesti soltanto qualora i docenti si rendano conto che gli allievi non si stanno impegnando come sarebbe necessario. Per guadagnare crediti, poi, si può lavorare anche su altri fronti, come la presenza assidua, comportamento impeccabile e facendo le pulizie nella classe, attività che qualificano l’allievo meritevole di attenzione e di un premio e quindi vengono ripagate in termini di crediti da usare per estinguere il debito.
Ma non finisce qui l’idea cinese, perché, come avviene con gli insolventi, chi non ripaga i debiti finisce sul libro nero, mentre l’intera classe può cedere alcuni dei propri voti alti al compagno in difficoltà, qualora si renda conto che si tratta di un periodo difficile e riscontri in lui la volontà di continuare a lavorare seriamente per superare i problemi.
Una sorta di «colletta» di voti per risollevare la media dell’amico.
L’idea chiave di questo nuovo schema, scrive il Corriere, consiste nel cambiare la prospettiva dell’insegnamento che in Cina si fonda moltissimo sui numeri. Voti e percentuali valutano gli allievi a dispetto della loro personalità e dei problemi che possono incontrare, ma spesso si tratta di un processo che dimentica la persona.
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