Ecco la nuova formazione dei prof: 3 anni di università, 2 di specializzazione e 1 di praticantato
Tre anni di università propedeutica, due di corso di specializzazione e uno di praticantato da svolgere direttamente nelle scuole, dopo aver superato un concorso pubblico bandito a livello regionale sulle cattedre effettivamente disponibili. E’ questo l’iter, pari ad almeno sei anni, che aspetta gli aspiranti insegnanti che dovranno subentrare agli attuali precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento.
Il piano strategico è stato esposto il 15 gennaio a Roma presso Palazzo San Macuto durante la giornata di studi, organizzata dal Cidi (Centro iniziativa democratica insegnanti), sulla “Formazione iniziale dei docenti”.
Alla giornata hanno partecipato diversi esperti di scuola, pedagogisti, sindacalisti e politici. Tra questi ultimi c’erano anche i vertici del Ministero della pubblica istruzione, il ministro Giuseppe Fioroni e il suo vice Mariangela Bastico. I quali hanno tracciato le linee di indirizzo delle nuove scuole di specializzazione, dopo che con la finanziaria di fine anno la Commissione Bilancio del Senato ha introdotto innovative modalità di selezione, formazione e assunzione in ruolo dei docenti: ad iniziare dal reintegro dei concorsi ordinari con cadenza biennale.
Ebbene, innanzitutto le Siss, come da noi più volte annunciato, continueranno ad esistere: certo, con una configurazione diversa a quella avuta nei primi dieci anni di vita. Ciò che è emerso dagli interventi è soprattutto la necessità di maggiore dialogo dell’ambiente accademico con il mondo della scuola. Lo stesso ministro si è voluto soffermare sulla necessità di introdurre una maggiore collaborazione tra scuola e università: “Il nuovo reclutamento ha bisogno di un rapporto paritetico tra i due ambiti – ha spiegato Fioroni – anche al fine di creare un sistema di crediti formativi da spendere non necessariamente nel campo dell’istruzione ma anche in quello lavorativo”.
Queste le altre priorità del Ministero: assorbire tutti i docenti precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, introdurre un rapporto paritetico tra sistema scolastico e università e sopratutto creare un nuovo modello di assunzioni sulla base dei posti disponibili attraverso una selezione con validità biennale. “Bisogna chiudere con il capitolo delle graduatorie ad esaurimento”, ha detto Fioroni ribadendo più volte la necessità di non ricreare in futuro un sistema di precariato così complicato e difficile da sradicare.
A tal proposito il responsabile della PI ha specificato che la gestione dei concorsi futuri per assumere i docenti dovrà essere di esclusiva competenze delle scuole: “Il periodo di prova dei docenti, che durerà un anno, non a caso dovrà essere valutato in piena autonomia – ha sottolineato Fioroni – dagli istituti dove verranno di volta in volta svolti”.
Il ministro ha poi annunciato che per gli insegnanti da riqualificare o impegnati in avanzamenti di carriera dovrà essere introdotta la possibilità di accedere automaticamente a periodi di formazione attraverso la concessione dell’anno sabbatico.
Il sottosegretario, Miariangela Bastico si è invece soffermata sulla necessità di attivare delle graduatorie per abilitati “aperte e con validità biennale”. In pratica, i docenti che non entreranno in ruolo nel biennio successivo alla vincita del concorso ordinario dovranno di nuovo essere messi alla prova e sostenere un’altra selezione. Bastico ha anche ribadito che la formazione di questo tipo (“con tempi brevi tra un corso e l’altro”) diventerà anche l’unico canale per entrare a far parte della docenza scolastica.
“Attenzione – ha però avvertito il segretario della Uil Scuola, Massimo Di Menna – bisogna fare in fretta ad organizzare il nuovo reclutamento perché il nuovo precariato si sta già formando. Ci risulta che da due, tre anni in alcune zone d’Italia vi sono diversi docenti che lavorano per un anno ma senza abilitazione. Abbiamo già avvisato il Ministro Fioroni e il presidente del Consiglio Romano Prodi di questa situazione: non ci vengano a dire poi che il sindacato vuole tutelare dei lavoratori senza motivo”. Un sistema, quello delle graduatorie permanenti (oggi diventate ad esaurimento), su cui però non tutti se la sentono di voltare le spalle: “queste liste – ha detto Gianni Manuzio, della segreteria nazionale della Cisl Scuola – sono servite a recuperare il riconoscimento del lavoro precario di tanti docenti che, tra l’altro, non ha certo scelto (ma sicuramente subito) questa condizione. Del resto che il precariato sia un problema grave siamo tutti d’accordo, come sul fatto che il concorso ordinario non rappresenti la panacea di tutti i mali della scuola italiana”.
I relatori sono sembrati tutti d’accordo anche su altro un punto: quello che in futuro bisognerà affidare le cattedre a docenti più preparati. A tal proposito Benedetto Vertecchi, docente diPedagogia sperimentale all’università Roma Tre, ha ribadito che “chi non sa non sa e non può insegnare”. Ancora più esigente il pensiero di Nicoletta Lanciano, del Movimento cooperazione educativa: “non è sempre detto che chi conosca un argomento sia poi in grado di insegnarlo”. Ecco allora l’importanza del tirocinio annuale, che con il nuovo modello rappresenta l’ultima tappa del percorso formativo: servirà a valutare proprio la capacità di trasmettere contenuti agli studenti. Ma chi avrà questo compito ingrato? Chi se la sentirà di dire ad uno specializzando che dopo sei anni di formazione non è tagliato per fare l’insegnante? “Per un ruolo così delicato – ha tagliato corto Enzo Foschi (Diesse) – è ovvio che il tutor del tirocinio provenga sempre e comunque dal mondo della scuola”.