In un precedente articolo abbiamo riportato le posizioni di alcuni lettori, che hanno segnalato le principali criticità della didattica a distanza.
Tra le numerose lettere che riceviamo ogni giorno (i lettori ci scrivono), non sono mancate però anche quelle di coloro che da questa esperienza riescono a trarre importanti spunti di riflessione.
Nonostante le tante criticità, la scuola, nella maggior parte dei casi, ha risposto bene alla sfida di questo periodo.
“La didattica a distanza, – scrive un lettore – con tutte le sue potenzialità e criticità e diventata ormai obbligatoria, prospetta l’idea di una scuola senza più confini delimitati da mura, che vive diluendosi nelle diverse comunità familiari. Ovviamente, non si tratta di superare l’istituzione scuola, che è e rimane essenziale nell’organizzazione della vita sociale, ma di riconoscere che si può contribuire allo sviluppo della cultura anche fuori di essa. Una speciale attenzione ed uno straordinario impegno sono richiesti per affrontare questa grande sfida, legata alla pandemia, che mette in serio pericolo vasti settori della grande famiglia umana e della comunità educante in particolare. Pertanto, va considerata la capacità di avvertire la scuola e i docenti come un bene insostituibile e sostenibile, capace di valorizzare la fraternità, promuovere la responsabilità, l’impegno e la reciprocità”.
C’è dunque chi riesce trovare del buono nella modalità a distanza: “La tecnologia ci sta dotando di uno strumento alternativo di mediazione, per continuare ad essere adulti significativi per i nostri alunni, forse anche in modo più potente, perché ci consente di essere dedicati a ciascuno di loro in modo personalizzato e alla classe in toto allo stesso tempo. La tecnologia sta esorcizzando, in qualche modo, la frustrazione della distanza e sta insegnando a tutti l’adozione di punti di vista diversi, l’adattamento, la flessibilità. Sta oggettivando l’importanza della relazione umana: “Ragazzi, ci siete? Ogni tanto fate un respiro sonoro, perché possa sentire meglio la vostra presenza e non per ragioni istituzionali”. E si ride insieme, ironizzando più del solito, perché qualcuno più Nerd di altri (insospettabilmente anche tra noi docenti) apprezza particolarmente la modalità a distanza, si sente a suo agio nell’interfacciarsi con lo schermo, non solo respira, ma interviene, pure efficacemente. E come non riconoscergli il merito? […] Ad un primo momento di smarrimento, in cui avevamo, forse, l’impressione di parlare da soli, si è sostituita progressivamente una sempre maggiore familiarità con uno scambio di saperi diverso. Certamente più lento (strano, ma abbiamo capito che tutto si regge sul paradosso), perché l’immediatezza del rapporto diretto non potrà essere replicato da nessuna diavoleria informatica, ma comunque fortemente emozionale per il vissuto in cui si colloca e, quindi, formativo. E, se anche sussiste il rischio di non poter garantire a tutti gli allievi le stesse opportunità, l’impegno di chi ci mette il cuore oltre che l’ingegno si attiva a raggiungere il singolo, a personalizzare l’intervento perché le opportunità non si traducano solo in risorse materiali, ma siano soprattutto risorse umane”.
Anche i dirigenti scolastici hanno fatto sentire la loro voce. In particolare, il DS di una scuola dei Quartieri Spagnoli di Napoli ha scritto una bella lettera ai suoi alunni: “Quello che vi esorto a fare è continuare a imparare, a impegnarvi, a seguire le lezioni on line, perché la didattica a distanza con l’approvazione del decreto del governo del 6 aprile 2020 è diventata obbligatoria per gli insegnanti e quindi sarà valutata. Se qualcuno di voi non seguirà, sarà valutato negativamente. Vero è che sarete tutti promossi, come prevede lo stesso decreto, ma coloro che avranno nelle discipline 4 e 5 dovranno recuperare venendo a scuola dal primo settembre. Ma ricordate che, al di là della valutazione positiva o negativa dell’insegnante, vale la vostra preparazione culturale generale per andare avanti negli studi, per poter vincere un domani un concorso o per trovare un lavoro”.
C’è anche chi ringrazia gli insegnanti per l’impegno profuso in questo periodo difficile. Molto toccante la lettera di una mamma anestesista: “Ora più che mai la vostra presenza è fondamentale. Come noi ci prendiamo cura dei nostri pazienti, voi oggi ancor più di prima siete indispensabili nel prendervi cura dei nostri ragazzi, della nostra generazione futura, perché siete chiamati all’arduo compito di contenere i danni psicologici che questa epidemia ha ed avrà sugli adolescenti. Siete i loro compagni di viaggio in questo tempo sospeso. Nella difficile fase evolutiva di transizione, che è l’adolescenza, caratterizzata di base da profonde incertezze ed insicurezze e dal bisogno di prendere le distanze dalle figure genitoriali, è necessaria la presenza di punti di riferimento adulti solidi e sicuri di cui potersi fidare e con cui confrontarsi. Alcuni ragazzi avranno la fortuna di passare più o meno indenni attraverso questa tragedia perché sapranno reiventarsi; alcuni avranno l’occasione per scoprire parti di sé nascoste. Ma altri invece dovranno confrontarsi con dolorosi lutti, con la perdita, con la mancanza, con lo smarrimento. Voi siete i punti di riferimento in un momento di profonda incertezza sul futuro. Con il vostro esserci attivamente attraverso il coinvolgimento, la discussione, l’analisi della situazione, la comprensione, il conforto, il supporto, potete favorire quel senso di continuità e sicurezza così necessario in adolescenza. I nostri ragazzi hanno bisogno di sentirsi soggetti attivi e partecipi in una situazione che purtroppo si trovano a dover subire”.
La didattica a distanza accomuna i docenti di tanti Paesi costretti a fermarsi per l’emergenza sanitaria. Abbiamo in proposito ricevuto la testimonianza di un dirigente scolastico di una piccola scuola italiana paritaria a Lagos, in Nigeria. “Anche noi abbiamo dovuto affrontare il problema della didattica a distanza. Dovete sapere che questo tema non l’avevamo affrontato prima: non perché “siamo indietro”, ma perché la corrente elettrica non c’è 24 ore al giorno, la connessione internet va e viene (ci vuole fortuna), non tutti gli studenti e non tutti i professori hanno internet in casa… Ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo studiato una piattaforma, Edmodo, e dopo qualche giorno di prova già stiamo lavorando con tutti gli studenti: attraverso la piattaforma, contattando gli studenti uno per uno per telefono, utilizzando quando possibile whatsapp. Non siamo in grado di fare videoconferenze collettive, né di rispettare gli orari delle lezioni, ma neppure abbiamo chiesto ai nostri studenti di mettersi una benda davanti agli occhi per non copiare. Abbiamo cercato di dare loro, e non da adesso, uno strumento che ci ha dimostrato può sostituire tutti gli altri: la fiducia”.
Molti docenti si sono inizialmente trovati spiazzati di fronte alla DaD, ma non si sono dati per vinti e hanno tratto forza da questo momento: “avevo necessità di imparare operazioni al pc tecnicamente sconosciute per me. Una collega si è offerta di aiutarmi. Mi sono collegata su meet – scrive una insegnante – all’ora stabilita ed è iniziata la lezione: io, discente in ansia e desiderosa di conoscere, dall’altra parte una docente paziente, disponibile, con la straordinaria capacità di guidarmi nonostante visualizzassimo il mio schermo pc senza poterci guardare, per tutta la durata della lezione, o non avrei potuto comprendere come procedere. In quei momenti ho vissuto tutte le ansie di uno studente, la paura di sbagliare, il senso di inadeguatezza, il sollievo nel comprendere. Per tutto il tempo, nonostante la voce della collega fosse il solo strumento di comunicazione, non mi sono sentita sola, ho superato l’imbarazzo iniziale e portato a termine l’operazione. Tutto grazie al senso di guida, di protezione e supporto che un’altra docente come me ha saputo trasmettermi”.
E conclude: “Così ho capito. Che la didattica a distanza, è un’esperienza complessa certo, ma può trasformarsi in una vera e propria azione di insegnamento/apprendimento, se lo vogliamo. Dipende da noi, da quanto siamo disposti a mettere in gioco di noi stessi e del nostro amore per questo eccezionale e unico lavoro”.
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