Sulle norme in materia di edilizia scolastica inserite nel decreto scuola arriva la bocciatura senza appello del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori (CNAPPC) secondo cui il provvedimento sarebbe improntato ad un pura logica emergenziale senza nessuna attenzione alla qualità.
Il Consiglio Nazionale, in particolare, contesta la dispozione che prevede il conferimento di poteri speciali ai sindaci per accelerare l’esecuzione dei relativi lavori.
“La scuola – osserva il Consiglio – è una comunità educativa, ma è anche un capitale spaziale, parte integrante e sostanziale del proprio contesto urbano; conseguentemente non è pensabile affrontare il tema scuola senza occuparsi del progetto della mobilità, degli spazi pubblici, del quartiere e comunque di tutti gli spazi connessi con la scuola, mettendo le persone e le famiglie al centro del progetto”.
Nel concreto il CNAPPC chiede di “puntare su strumenti realmente innovativi, come i concorsi di progettazione a due gradi che, viaggiando veloci sulle piattaforme informatiche, garantiscono la qualità del progetto, riducendo contestualmente i tempi per la redazione del progetto esecutivo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è l’architetto Alfonso Femia, titolare di uno studio internazionale che ha i Docks a Marsiglia, il Quartiere Generale della BNL a Roma, l’edificio delle Generali a Milano in Porta Nuova che lavora da tempo sull’architettura scolastica vincendo concorsi per la progettazione di scuole in Francia e in Italia.
“ La scuola – sostiene Femia – è un ‘capitale spaziale’ che genera
opportunità al proprio contesto ambientale e territoriale. L’architettura delle scuole è, a pari valore di occasione e vantaggio, progetto della mobilità, degli spazi pubblici, del quartiere e della città, quantomeno di quelli strettamente connessi. Occuparsi di scuola vuol dire attivare un tema
concreto e ampio che investe tutto il territorio italiano attraverso i concorsi di architettura e ogni modalità che metta al centro il progetto”.
Conclude Femia: “Non è segno di maturità politica affrontare il tema scuola post Covid solo attraverso gli strumenti dell’emergenza, né solo soddisfacendo gli aspetti tecnici e normativi per la sicurezza e l’adeguamento energetico”.
Osservazioni assolutamente comprensibili, ma resta il fatto che a settembre per accogliere tutti gli 8 milioni di studenti in condizioni di sicurezza servirebbe un buon 20-30% di spazi in più rispetto a quelli attuali e il tempo a disposizione è davvero scarso.
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