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Edilizia scolastica, un tema trascurato; ma senza spazi adeguati è impossibile fare “didattica attiva”

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Fra le molteplici segnalazioni dei lettori che hanno partecipato alla nostra iniziativa “Dillo al Ministro” scarseggiano quelle relative al tema dell’edilizia scolastica, tema che, peraltro, riveste una importanza non secondaria nella “economia” complessiva del sistema scolastico (recenti inchieste hanno evidenziato che gli enti locali spendono ogni anno centinaia di milioni per affittare locali (aule e palestre).

A Massimo Nutini, ex dirigente di enti locali, abbiamo chiesto un parere in merito.

Perché secondo lei le segnalazioni sono quasi inesistenti?

La questione della sicurezza (possesso delle certificazioni di legge, antincendio, antisismica, etc) è un tema “classico” dei dirigenti scolastici spesso preoccupati per le responsabilità che possono ricadere anche su di loro, in particolare ove le lacune non siano state sistematicamente e periodicamente segnalate all’ente tenuto alla fornitura dell’edificio. Ne consegue che mi appare abbastanza spiegabile l’assenza di tale questione tra le segnalazioni provenienti dagli insegnanti.

Però il problema degli spazi per la didattica riguarda tutti…

Per esperienza posso dire che, su questi temi, ai Comuni arrivano lamentele e proposte anche dagli insegnanti.
Se in questa indagine gli insegnanti non hanno posto il problema, mi vengono in mente due possibili spiegazioni.
La prima è che, la questione dell’insufficienza degli spazi si stia pian piano risolvendo con il calo del numero degli alunni che comincia a sentirsi in tutti gli ordini e gradi di scuole permettendo il “recupero” di qualche aula che consente di realizzare opportunità di ampliamento da tempo desiderate.

Quale potrebbe essere la seconda spiegazione?

Potrebbe esserci un calo di attenzione alla qualità degli spazi conseguente alla predominanza di didattiche tradizionali che più semplicemente si attuano nell’aula tipo. A ciò contribuirebbe anche l’abbattimento delle compresenze nella scuola primaria, sia nel tempo pieno sia nell’organizzazione modulare, che rende più difficile organizzare i lavori per piccoli gruppi.

Se così fosse sarebbe un po’ preoccupante…

Mi viene da pensare che il rapporto che un tempo esisteva, anche non mediato dal dirigente scolastico, tra alcuni insegnanti più impegnati e le amministrazioni comunali sia venuto un po’ meno anche perché le scuole hanno sempre meno necessità dell’ente locale per realizzare ampliamenti dell’offerta formativa in quanto le risorse del PNRR hanno ampiamente soddisfatto il fabbisogno finanziario. Questo non sarebbe un bene, perché la relazione tra le scuole e gli enti locali non è mai stata solo un canale di finanziamento del PTOF ma è sempre stata, e deve continuare ad esserlo, il presupposto per una progettazione comune di risposte ai bisogni delle comunità scolastiche e locali.

Potrebbe essere un aspetto dell’affievolirsi del rapporto fra scuola e territorio?

Non voglio essere troppo pessimista. Conosco realtà nelle quali quella relazione consolidata esiste e funziona, però osservo che sempre più è gestita in modo esclusivo dal dirigente scolastico o da un insegnante incaricata del “rapporti con il territorio”, mentre nel passato si trattava di una questione che coinvolgeva molto di più la comunità scolastica.