TreeLLLe si fa portavoce della richiesta di educare ai valori della cittadinanza, attraverso la ricerca «Educare a vivere con gli altri nel XXI secolo. Cosa può fare la scuola?», sostenuta dalla fondazione Cariplo, che verrà presentata oggi all’università Luiss di Roma, alla presenza tra gli altri della ministra dell’Istruzione, Stefania Giannini, della presidente della commissione Cultura del parlamento europeo, Silvia Costa e del responsabile del settore delle politiche educative dell’Ocse, Andreas Schleicher.
L’accento è posto sul ruolo centrale della formazione alla cittadinanza: una “scuola per tutti”, reclama una svolta radicale per disegnare un sistema formativo che non solo “istruisca”, ma anche “educhi a vivere con gli altri”.
Cosa significa in concreto? Poter contare, spiega Il Sole 24 Ore, su professori dedicati che siano in grado di stimolare lo spirito critico degli alunni, insegnando loro i valori base della nostra civiltà e le buone regole di comportamento per rispettare i diritti di ciascuno e praticare una convivenza attiva e responsabile.
Si tratta di una vera e propria “missione” che è dibattuta, da tempo, in linea di principio tra gli addetti ai lavori e anche all’interno del ministero dell’Istruzione e, tuttavia, trascurata da molte scuole nella prassi quotidiana.
{loadposition bonus}
Serve quindi che istruzione viaggi insieme a educazione, e la scuola italiana ha bisogno di una radicale torsione dei programmi, dei metodi didattici, della formazione degli insegnanti e dell’organizzazione del tempo scuola, tutte variabili che occorre orientare per dare il peso che merita all’educazione a vivere con gli altri.
Di qui 4 proposte operative che l’associazione espone.
Intanto, un tempo del curricolo espressamente dedicato ad “attività” (non lezioni) interattive ed interdisciplinari (scienze umane e scienze sociali) mirate all’educazione alla cittadinanza. Questa proposta non comporta costi aggiuntivi all’attuale sistema.
C’è poi bisogno di un progetto di “scuola aperta e a tempo pieno” (7 o 8 ore per 5 o 6 giorni), obbligatoria per i primi 8 anni scolastici e facoltativa per gli ultimi cinque. Una “scuola aperta e a tempo pieno” dovrebbe fornire, oltre al curriculum scolastico in senso stretto (lezioni e “attività” per istruire e educare), un palinsesto di opportunità educative extrascolastiche stimolanti e coinvolgenti, eventualmente anche a pagamento (seminari, spettacoli, musica, sport, gioco, attività di volontariato dentro e fuori la scuola), che si sviluppino lungo la giornata, utilizzando coeducatori (non necessariamente insegnanti). Sarebbe anche un modo per utilizzare un enorme patrimonio edilizio sfruttato quasi sempre solo a metà tempo.
Si chiede, anche, di «formare e contrattualizzare tutto il personale scolastico» con l’obiettivo di istruire, ma anche di educare i giovani a vivere con gli altri.
Il tutto, conclude l’articolo del Sole, praticando metodologie didattiche interattive e coinvolgenti con l’uso appropriato delle nuove tecnologie. I giovani sopportano mal volentieri le tradizionali tecniche trasmissive (lezione – studio – interrogazione). Far esercitare nelle classi una corretta capacità di discussione e di argomentazione, specie su questioni controverse, è funzionale a una sana educazione alla cittadinanza democratica.