“Di fronte ai gravi avvenimenti di oggi, il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, invita a riflettere assieme alle scuole, alle studentesse e agli studenti, a tutto il personale sull’articolo 11 della Costituzione italiana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
“La scuola italiana è fondata sulla nostra Costituzione e alla base della nostra Costituzione c’è la pace, che è un valore irrinunciabile”, dichiara il Ministro. “Le nostre scuole da sempre mettono al centro del percorso educativo questi temi e, responsabilmente, educano le nostre ragazze e i nostri ragazzi a una cittadinanza consapevole e al rifiuto della guerra. Sia la Pace il tema della nostra riflessione comune e del nostro ‘essere scuola’ insieme”.
Così il comunicato stampa ministeriale del 24/2, a seguito dell’aggressione militare della Russia ai danni dell’Ucraina.
Eccellente idea, quella del Signor Ministro, di invitare la scuola, luogo per eccellenza di libera formazione del pensiero critico, a riflettere sulla centralità della Pace (con l’iniziale maiuscola) e sull’art. 11 Cost.
Eccellente invito, da accogliere senz’altro. Ma perché restringere il campo della riflessione ai “gravi avvenimenti di oggi”? Non si rischia, in questo modo, di far pensare a qualcuno che si tratti solo di altisonante retorica dalle sfumature vagamente manichee? Poiché di sicuro il sospetto è infondato, si fa presto a fugare ogni dubbio allargandolo, il campo: in fondo senza troppa fatica, poiché il materiale per riflettere abbonda.
Ad esempio, si può mettere “al centro del percorso educativo” la partecipazione delle Forze Armate nazionali alla Prima Guerra del Golfo (1990-91, con quasi 2000 militari e oltre 200 missioni aeree di bombardamento condotte dai Tornado del Reparto di volo autonomo del Golfo Persico) oppure la partecipazione dell’Italia alla guerra del Kosovo (1998-99), dove decine di velivoli militari NATO (anche italiani) hanno condotto per due mesi martellanti attacchi aerei sullo Stato sovrano della Repubblica Federale di Iugoslavia partendo dalle italianissime basi di Aviano e Istrana.
C’è poi la partecipazione dell’Italia alla Seconda Guerra del Golfo (2003-2011, segnata peraltro dalla morte dei 23 caduti di Nassiria, 19 dei quali italiani) e quella alla ventennale guerra in Afghanistan (2001-2021), con lo schieramento in quel teatro di oltre 4000 effettivi, di 750 mezzi terrestri e di 30 aeromobili.
Conflitti che hanno risolto (?) le controversie internazionali al prezzo di decine, centinaia di migliaia di vittime, in grande maggioranza civili.
Educare dunque, responsabilmente e doverosamente, “studentesse e studenti” a una cittadinanza consapevole e al rifiuto della guerra, alla Pace e alla Giustizia, valori irrinunciabili, fondanti la nostra Costituzione. Grandissimi temi: ogni educatore della scuola italiana li farà certamente propri.
A ben vedere, solo una cosa sorprende: che un “invito alla riflessione” di tale portata, nobiltà e spessore sia stato indirizzato alla scuola così tardivamente, quasi che solo i “gravi avvenimenti di oggi” (che – beninteso – gravi sono di sicuro) siano riusciti a fare da levatrice.
Ma in fondo conta il risultato. Come si dice in questi casi: meglio tardi che mai.
Ivan Cervesato