Chi organizzerà e modererà nelle scuole secondarie di secondo grado i corsi di “Educazione alle relazioni” finalizzati anche contrastare gli episodi di violenza e che l’ex ministra Lucia Azzolina vorrebbe già dalla scuola dell’infanzia? I docenti, naturalmente. Il progetto prevede che saranno formati in modo appropriato, proprio per sensibilizzare gli studenti – durante le lezioni rigorosamente “seduti in circolo, divisi in gruppi di ‘discussione e autoconsapevolezza’” –, quindi remunerati con fondi ad hoc (sugli importi ancora non c’è chiarezza) con tanto di verifica finale dell’operato. L’impegno è imponente: “i dodici incontri in tutto, con gli studenti un docente al centro a fare da moderatore”, dureranno al massimo tre mesi (quindi si prevede in media una lezione a settimana) e riguarderanno qualcosa come 120 mila classi e circa 2 milioni e mezzo di allievi.
Certo, non saranno solo gli insegnanti a tenere i corsi: è previsto “il supporto occasionale di psicologi, avvocati, assistenti sociali, organizzazioni attive nel contrasto alla violenza di genere e il coinvolgimento di testimonial vicini ai giovani: influencer, cantanti, attori”.
I gruppi di “discussione e autoconsapevolezza” saranno quindi gestiti dagli esperti e addetti ai lavori solo in modo “occasionale”. Cosa significa questo aggettivo? L’etimologia del termine non è rassicurante: il vocabolario, quando si cerca la parola “occasionale”, ci dice che si tratta di un evento “dovuto a circostanze fortuite” e comunque “non determinante”.
Quindi, dobbiamo pensare che gli addetti ai lavori, i veri esperti di relazioni positive e di prevenzione della violenza di genere, saranno coinvolti in circostanze particolari e fortuite? E che verranno chiamati, quindi, solo ogni tanto a offrire il loro contributo nelle scuole?
L’amministrazione scolastica farebbe bene a chiarire, perché c’è da considerare anche un altro aspetto: gli incontri sulla “Educazione alle relazioni” si svolgeranno in orario extra-curricolare, quindi il pomeriggio.
Ebbene, i precedenti sui progetti pomeridiani non obbligatori non sono proprio così positivi: le percentuali di assenza, in media, anche se i numeri possono cambiare da scuola e scuola, da provincia e provincia, ci dicono che queste “lezioni” sono frequentate, se va bene, poco più della metà degli iscritti alle classi.
Certamente, se i corsi dovessero essere affidati a influencer, cantanti e attori, (ammesso che siano disponibili e reperibili migliaia e migliaia di professionisti) il discorso cambierebbe non poco (e in meglio). Se, invece, a tenere il corso sarà un docente della scuola, il grado di attrazione non sarebbe lo stesso (quindi le adesioni probabilmente si ridurrebbero).
Staremo a vedere. Nel frattempo, c’è già chi protesta. Come i centri antiviolenza. La presidente di D.i.Re, Antonella Veltri, ha detto alla Stampa: “Abbiamo scritto ai ministri Valditara e Roccella, ci hanno ignorato”, perché a suo avviso l’intervento istituzionale è ancora troppo poco efficace.
“Dopo il femminicidio di Giulia e la lucidità del dolore, espressa dal padre e dalla sorella, c’è stato un lutto pubblico e politico. E il messaggio è passato: il mostro non è il nostro bravo ragazzo, il raptus non esiste. Così nei nostri centri abbiamo registrato un aumento di domande, molte ci chiedono come potersi rendere conto del pericolo. Ci sono spesso dei segnali da tenere sotto controllo. Solitamente si assiste a una escalation, ai casi più gravi non si arriva all’improvviso. Alcune vengono accompagnate dalle mamme”.
Su quanto fatto sinora dal Governo, però, la presidente dice che “finora abbiamo avuto solo interventi spot. Non servono braccialetti o codici rossi rafforzati. Bisogna lavorare a tutto campo sulla formazione dell’intera rete che oggi fa da protezione alle donne. Non solo le scuole e le famiglie ma anche le autorità pubbliche e tutti i soggetti coinvolti”.
“Non veniamo ascoltate né coinvolte. Nelle settimane scorse abbiamo scritto a Roccella e Valditara chiedendo un incontro, ma siamo state brillantemente ignorate. Poi abbiamo letto del pasticcio sulle nomine per l’educazione scuola, aspetteremo a capire come si andrà avanti, ma di certo bisognerebbe chiamare chi su questi temi lavora da trent’anni. I centri anti-violenza conoscono queste realtà e potrebbero dare una mano. Se solo qualcuno ci ascoltasse”, ha concluso Antonella Veltri.
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