Quello dei corsi sulla educazione alle relazioni è il tema del giorno. Nel parliamo con Antonino Petrolino, già dirigente scolastico e ora rappresentante dell’ANP all’interno dell’ESHA L’ESHA, l’Associazione Europea dei capi di istituto.
Sembra che il Ministro voglia intervenire seriamente sulla questione, è già stata emanata una direttiva e non si escludono interventi anche più incisivi. Lei cosa ne pensa?
Diffido per radicata consuetudine del vezzo di proporre nuove leggi per ogni fatto di cronaca che scuota l’opinione pubblica, La norma dev’essere quanto più generale e “comprensiva” possibile. Invece, ci stiamo mettendo sulla strada di costruire reati su misura del singolo oggetto. E l’omicidio è già diventato “stradale”, si prepara a diventare “nautico”, ora anche “di genere”. Fino a perdere la sua natura principale, che è appunto quello di atto contro la vita di altri esseri. Su cui si può certo intervenire con il gioco delle circostanze attenuanti ed aggravanti, ma senza finire con l’obliterarne l’essenza centrale di atto contro l’ordine sociale.
Però deve ammette che l’idea di “tutelare” in qualche modo valori importanti e significativi non è sbagliata
Diceva il prof. Roncaglia, mio docente di Filologia Romanza all’Università (parliamo ormai di un tempo assai remoto …), che egli provava un sentimento di tristezza ogni volta che udiva dell’apertura di un museo “nuovo”, cioè relativo a cose e aspetti fin lì non “musealizzati”.
Era ai suoi occhi la prova che un altro pezzo di sentimenti, cultura e valori aveva cessato di vivere autonomamente e quindi di avere senso e voce presso gli individui, per essere consegnato alla non-vita del museo, che relega nei recessi della memoria aspetti non più sentiti come vivi e vitali della comunità. Perché, se fossero ancora vivi e vitali, non avrebbero bisogno di un museo che li protegga dall’oblio e dalla desuetudine.
Fuor di metafora, cosa vuole dire?
Voglio dire che non comprendo molto il senso delle proposte di legge fatte per tutelare in modo istituzionale valori ritenuti meritevoli di rinforzo sociale. Se quei valori e quelle idee fossero forti e vitali, se cioè fossero portatori di senso per ciascuno di noi, non ci sarebbe bisogno di uno scudo istituzionale.
Mi par di capire che per lei la questione, prima di essere giuridica e normativa, è sociale ed etica.
Sì direi di sì
Secondo me la miglior tutela di certi valori dovrebbe risiedere nel comune sentire e chi li ledesse sarebbe messo al bando dal sentire comune prima che dalle leggi positive. Se per ogni atto biasimevole si costruisce un percorso istituzionale di tutela, vuol dire che esso ha cessato di aver forza autonoma nel cuore dei singoli. E che niente e nessuno lo farà rivivere.
In concreto, l’idea del Ministro di introdurre corsi di educazione alle relazioni le piace poco..
Poveri noi! Farà la fine di tutte le altre “educazioni” impartite a scuola: alimentare, stradale, civica e così via. Oggetti da museo, da studiare con sopportazione e fastidio, ma che non ci dicono nulla che riteniamo riguardi la vita reale. E sarà già tanto se, per spirito di contestazione insito nell’età, non si arriverà alla violenza di genere agita come forma di protesta generazionale.
E quindi, lei cosa propone?
Francamente io preferirei di gran lunga che ciascuno di noi si adoperasse per far vivere valori come il rispetto delle persone – e di quelle persone “speciali” che sono le donne, dispensatrici di tutto quello che la vita ha di meglio in serbo per noi – nell’azione quotidiana di educazione dei figli anziché nelle sedi istituzionali, che deresponsabilizzano i singoli. Certo, si può sempre dire che il ripetersi di eventi che feriscono l’opinione pubblica costituisce la prova che l’educazione familiare ha fallito.
Ecco perché, sostengono molti, la scuola deve intervenire…
Purtroppo l’esperienza ci dice che il posto lasciato libero dalla famiglia (e dalla religione, se è per quello) non viene riempito dalla scuola. E dunque è meglio lavorare, fin che si può, ad arginare, ciascuno per quel che può e sa, il degrado dei fondamentali piuttosto che a delegarne il compito ad altri, con i risultati che sono poi sotto gli occhi di tutti.
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