I lettori ci scrivono

Educare i genitori ad una corretta percezione della valutazione

All’inizio di ogni nuovo anno scolastico scuola e famiglia dovrebbero avviare un serio percorso formativo e informativo sullo spigoloso problema relativo alla valutazione.

Dal punto di vista scolastico la valutazione in ingresso, in itinere e in uscita si contraddistingue per tutta una serie di azioni ed operazioni di carattere tecnico e burocratico che attestano determinati livelli di competenze e conoscenze e che, a volte, possono scatenare reazioni non sempre positive da parte di alcuni genitori.

Sicuramente, le attese, il contesto, la scuola, gli alunni, le metodologie e i criteri di valutazione sono cambiati, ma questo importante aspetto del processo educativo e didattico costituisce una fase fondamentale per la verifica di un rapporto che esprime nobilmente e consapevolmente non un mero giudizio legato ad una temporanea, semplice e distaccata prestazione professionale erogata da una impresa di servizi, ma la parte più significativa di un’ opera educativa che trascende la dimensione spaziale e temporale, dura e si rinnova di generazione in generazione, tende a rafforzare la personalità, ad aiutare a rialzarsi dalle cadute, a superare gli insuccessi e a diventare persona capace di conoscere i propri doveri ed esercitare consapevolmente e responsabilmente i propri diritti.

Purtroppo, viviamo in un mondo in cui, nella maggior parte dei casi, vengono richieste azioni perfette, prestazioni e valutazioni eccellenti, tutti si aspettano il massimo, pochi tollerano insuccessi, battute d’arresto e voti inferiori alle aspettative di alunni e genitori.

In questo scenario, la scuola ha il non facile compito di mediare, spiegare, rasserenare, giustificare, ottundere, ammorbidire e attenuare rigidità che, diversamente, potrebbero compromettere gli sforzi compiuti per costruire relazioni educative orientate al pieno sviluppo dell’alunno sul piano cognitivo, valutativo, relazionale e sociale.

Pertanto, per evitare inutili polemiche, generare improprie reazioni e dare il giusto valore ai progressi o ai rallentamenti degli alunni, la scuola dovrebbe cercare di recuperare ed integrare in un insieme armonico, la distinzione tra dimensione tecnica e dimensione educativa della valutazione: la prima opera esclusivamente sui contenuti delle singole discipline, mentre la seconda si preoccupa di dare una giusta e corretta percezione del voto che esplicita qualitativamente l’identità dell’alunno nella duplice dimensione culturale ed educativa.

Si tratta, in pratica, di personalizzare il voto con un giudizio in grado di ripristinare l’unità tra sapere ed essere. Non, dunque, numeri duri e freddi che spersonalizzano l’educando, lo cosificano e lo fanno sprofondare nell’anonimato, non generici voti, alti o bassi che siano, ma documentati itinerari di crescita, anche di alto profilo, all’interno dei quali poter intervenire con prudenza ed amorevole fermezza, per risolvere problemi, evidenziare e correggere eventuali disimpegni e superficialità, favorire comportamenti e atteggiamenti conformi ad uno stile di vita, ad un sapere e ad una cultura, non forzata, inventata o improvvisata, ma costruita con impegno, amore e sacrificio, come una casa, pietra su pietra, atto dopo atto, giorno dopo giorno. Attraverso la fonte viva e luminosa della benevolenza e della consapevolezza, occorre dotare i giovani di una adeguata capacità di discernimento etico, di una significativa forza divolontà in grado di guidarli nelle complesse contingenze della vita e aiutarli a trovare in se stessi la forza del riscatto e della vittoria. Gli insuccessi non si possono eliminare dall’esperienza umana, sono un invito a rialzarsi, a ricominciare, a responsabilizzarsi, ad impegnarsi, ma, soprattutto, devono rappresentare un chiaro segnale non di resa, ma di ripresa nel difficile cammino della vita.

Per questo motivo, occorre educare i genitori ad una corretta percezione della valutazione scolastica per far comprendere che, anche nelle esperienze negative, i ragazzi possono continuare ad essere particolarmente soddisfatti, contenti e felici se hanno la possibilità di gustare un clima sereno e familiare, di sentirsi circondati dalle attenzioni di genitori che bandiscono ogni allarmismo e ogni offesa contro chi, per dovere professionale, è chiamato ad esprimere un giudizio di valore, ma fermi, dolci e solleciti, carichi di bontà ed assidua vicinanza, favoriscono una conoscenza integra, equilibrata, essenziale e profonda di un percorso di crescita che, durante il cammino, può anche trovare alcuni ostacoli.

Senza il sublime carburante dell’ empatia e dell’amore, senza questa segreta fiamma, la macchina dell’educazione è condannata a fallire e ad arrestarsi sulle ardue salite delle prime difficoltà e dei primi insuccessi.

I docenti sono persone che si rivolgono a persone, che hanno il compito di far respirare un clima cordiale e sereno, che hanno la responsabilità di comunicare e trasmettere energia positiva attingendo dalle misteriose profondità dell’essere.

Ciò che deve caratterizzare i genitori è la piena fiducia e l’amore paziente. Nei ragazzi, spesso, le parole, i gesti, gli esempi, le raccomandazioni, gli insegnamenti, non fruttificano immediatamente, ma rimangono latenti e germogliano a lunga scadenza. Però non muoiono. Imparare a cominciare ed a ricominciare, è questa un’esortazione necessaria e indispensabile per arginare lo sconforto, per superare eventuali debolezze e criticità, per affrontare la vita con il rigore della correzione e il lenimento della comprensione. Poche costrizioni, nessuna inferriata che incateni, solo parole discrete nel difficile esercizio di richiamare, correggere, elevare, edificare, educare.

A scuola e in famiglianon servono né sanzioni, né premi, né attrazioni, serve unicamente la robustezza di un cuore di materna protezione. Se il ragazzo non sente di essere amato e la natura l’ha dotato di un provvidenziale e infallibile istinto per conoscere chi gli vuole veramente bene, finisce per avvertire il peso e il timore del giudizio.

In educazione ciò che conta non è un numero, ma l’altissima dignità e la grande responsabilità di una complessa, molteplice e concorde opera di servizio alla persona.

Fernando Mazzeo

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