Nuovo appuntamento con la rubrica Scienze per la Scuola: oggi parliamo di Pensiero Critico.
Per pensiero critico intendiamo la capacità di guardare ad affermazioni, giudizi, informazioni, idee, non come a dati di fatto legittimati dalla presunta autorevolezza della fonte da cui sono stati emanati, ma come aspetti su cui esercitare il proprio dubbio, attraverso una analisi che consenta di appurare, attraverso i più vari strumenti, se sono attendibili o no.
Il pensiero critico ci consente di essere persone più “libere”, più capaci cioè di guardare con capacità di giudizio attento e consapevole alle informazioni a cui siamo esposti. Questo ci permette di fondare le nostre scelte (come esseri umani, cittadini, consumatori, fruitori di servizi) su basi informative più solide e quindi di evitare gli errori che possono derivare da un’accettazione acritica di fallaci basi informative.
Particolarmente importante appare acquisire il senso critico oggi, nella società dell’informazione, così definita proprio perché l’informazione è in essa diventata il vero e proprio “bene primario”, l’asset alla base di tutti gli altri.
Inoltre, questa società, con l’imperante affermazione dei social network, consente meccanismi di più rapida produzione e diffusione di notizie di ogni tipo e questo genera una limitazione dello span attentivo dei fruitori di informazioni. Aumentano contestualmente le notizie false o, perfino, le ampie narrazioni costruite ad arte e per gli scopi più diversi (economici, politici, ecc.). Narrazioni spesso tanto affabulatorie ed emotivamente accattivanti quanto infondate, a cui gli algoritmi dei social media tendono a dare priorità-visibilità rispetto ad altre (per via dei like che ricevono, ad es.).
A tutto questo aggiungiamo l’esplosione dell’intelligenza artificiale generativa, con la conseguente necessità di valutare attentamente le informazioni fornite dagli agenti conversazionali, come ChatGPT.
Ci sono diversi motivi per cui talvolta si riscontra scarsa tensione al pensiero critico nei confronti di una particolare informazione. Per brevità, ne indichiamo qui solo un paio, peraltro connessi fra loro.
Registriamo intanto l’economicità mentale dell’accettazione supina dell’informazione presentata. E’ più comodo accettarla che analizzarla criticamente, in quanto questo comporta un costo aggiuntivo di risorse. L’analisi dell’informazione richiede infatti ricerche ulteriori, confronti, valutazioni della fonte. E questo può risultare poco attraente per chi magari, per i più vari motivi, anche congiunturali, ha una tendenza un po’ più “pigra” ad affrontare mentalmente le questioni che gli si presentano. In questo modo, l’arcaico principio di autorità può rivelarsi un attrattore ancora potente (una sorta di “richiamo della foresta”) in piena postmodernità.
Inoltre, le narrazioni fallaci danno spesso risposte “semplici” (semplicistiche) a problemi complessi. Presentano infatti un senso facilmente leggibile su ambiti rispetto ai quali è in genere difficile orientarsi, a causa della loro obiettiva complessità e fluidità.
Ad esempio, una narrazione che ci mette comodamente a disposizione “il colpevole” di una situazione che stiamo vivendo (economica, culturale, politica, ecc.), si presta ad essere più facilmente e favorevolmente adottata (anche perché suscita emozioni forti, come la rabbia o la paura) rispetto ad una narrazione che mette onestamente e faticosamente in campo le tante variabili, fra l’altro interdipendenti, che la più prosaica realtà quasi sempre presenta. Tante variabili che la nostra mente, per stanchezza, pessimismo o esasperazione può rifiutarsi anche solo di prendere in considerazione.
Molto più semplice e accattivante risulta quindi la narrazione che spiega tutto in modo manicheo, con una netta divisione in buoni e cattivi, bianco e nero: senza perdersi nella complessa gradazione dei grigi o dei mille colori della vita reale. E che si avvale, possibilmente, del deresponsabilizzante “per colpa di…”. Una sorta di “tie break” sociocognitivo piuttosto che tennistico.
E la scuola? Il pensiero critico non è una capacità “entitaria”, qualcosa che hai o non hai in una certa misura, per dotazione genetica, per tua natura. È innanzitutto un’abitudine mentale. E come tale essa può (e dovrebbe) essere sviluppata negli allievi.
Il metodo didattico del debate può qui rivelarsi particolarmente utile, in quanto abitua gli studenti ad affrontare le situazioni attraverso un’analisi attenta e ponderata di una determinata tesi, rispetto alla quale, dopo che si sono fatte le opportune ricerche, la classe può dividersi in favorevoli e contrari e costruire gli elementi argomentativi a supporto delle due posizioni contrapposte. Con questo e con tanti altri strumenti, la scuola può educare al pensiero critico, supportalo e, perfino, allenarlo negli studenti.
Per evitare che lo studente criticamente “pigro” di oggi diventi il cittadino conformista, e civicamente “rivedibile”, di domani.
Un sito ricco di informazioni, stimoli, indicazioni bibliografiche che possono essere utili in percorsi di educazione al pensiero critico è “pensierocritico.eu”
(https://www.pensierocritico.eu/cos-e-il-pensiero-critico.html)
Su questi argomenti il Master di I livello Quando la realtà ci inganna. Insegnare ad usare il pensiero critico per orientarsi nel mondo e rispondere alle sue sfide in collaborazione con l’Università Telematica degli Studi IUL. Le iscrizioni scadono il 29 febbraio 2024. L’inizio delle attività didattiche è previsto entro il mese di marzo 2024.
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