Ho visto ieri sera l’intervista delle Iene al giovane bullo di Lucca che ha vilipeso il suo professore. Un povero ragazzo, non peggiore di tanti altri, che solo ora comincia a prendere coscienza della stupidaggine fatta.
Ovviamente, non conosco bene la situazione ma, dal momento che il ragazzo afferma: “Queste scenate verso quel professore avvenivano ogni giorno, anche nelle altre classi …”, allora, mi chiedo: “Dove erano il preside ed i suoi colleghi? Tutti lo sapevano e nessuno parlava!”.
E dove era lo Stato che, in nome della consolidata mentalità sindacale sull’intoccabilità del lavoro, tiene in cattedra persone non idonee.
Ho conosciuto insegnanti esauriti e depressi, lasciati in classe per misericordia. Gente introversa che parla a voce bassa mentre tutti in classe fanno il loro comodo. Professori che leggono il giornale ed altri che, in tutto un anno, non fanno lezione ma conversazione, salvo ad assumere poi il ruolo di “buonisti” e procacciatori di promozioni facili ai consigli finali.
Il che garantisce loro l’omertà delle classi e l’immunità da parte dei superiori. Ed ho conosciuto gente che sale in cattedra per fare “bau bau” e riceve stima e rispetto…
Ma perché non ci si assicura che chi insegna, oltre al dovuto patrimonio culturale, possieda anche il metodo adeguato di trasmissione del sapere, la motivazione necessaria ad un compito così delicato, la capacità di gestione della classe (cose che si possono anche apprendere!).
Un insegnante non si improvvisa ed è giusto che un sistema sociale pretenda il massimo dagli educatori. Condivido, pertanto, ciò che scrive Umberto Galimberti: “Non ho mai capito perché se uno è alto un metro e cinquanta non può fare il corazziere, mentre un laureato senza alcuna inclinazione all’educazione degli adolescenti, possa fare l’insegnante”.
Luciano Verdone