E’ stata presentata a Parigi, il 14 settembre scorso, l’indagine “Education at a glance 2004” che mette a confronto i sistemi di istruzione dei Paesi Ocse.
La ricerca pone in evidenza il fatto che le scuole, nei diversi Paesi, cominciano a adattarsi alla flessibilità richiesta dalle leggi di mercato, staccandosi progressivamente dai rispettivi sistemi centralizzati.
Le decisioni su come insegnare, adesso, sono prese principalmente dalle scuole, piuttosto che dalle autorità locali, regionali, o nazionali. Questo trend è significativamente in crescita, rapportato ai dati di cinque anni fa.
“Education at a glance” (in altre parole uno sguardo all’istruzione) fornisce una valutazione comparata delle condizioni d’apprendimento degli studenti e di lavoro degli insegnanti.
Emerge, ad esempio, che lo stipendio degli insegnanti, è aumentato, in termini reali, tra il 1996 e il 2002, in quasi tutti i Paesi, e in particolar modo in Ungheria e Messico. In Spagna, in controtendenza, nello stesso periodo, è diminuito, in termini reali, sia nella scuola primaria che in quella secondaria.
Gli aumenti di stipendi sono notevolmente diversificati. In Australia, Danimarca, Inghilterra, Finlandia e Scozia, gli aumenti stipendiali sono accentuati nei primi anni di carriera, piuttosto che negli anni intermedi o finali d’insegnamento. Ciò, presumibilmente, per attrarre nuovi insegnanti a questa professione. Al contrario, in Giappone e Portogallo si tende ad attuare una politica stipendiale rivolta a trattenere i docenti, piuttosto che a reclutarne di nuovi.
Rinviando all’edizione cartacea del nostro giornale ulteriori e puntuali approfondimenti, vogliamo concludere con un paio di dati, riguardanti gli studenti: l’Italia è in posizione intermedia per quanto riguarda la percentuale dei diplomati di scuola secondaria, dietro a Danimarca, Norvegia, Germania, Giappone, Polonia, Svizzera, Finlandia, Grecia, Francia Ungheria, ma prima di paesi come Belgio, Stati Uniti, Spagna.
Le note dolenti si registrano negli abbandoni universitari che sfiorano il 60 per cento delle iscrizioni, contro una media Ocse del 30 per cento. Confortante, invece, la percentuale delle donne che si laureano, 61% delle iscritte all’università, che pone l’Italia nelle posizioni di testa fra i Paesi Ocse.
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