L’Onda del 2008 non tornerà, ma dagli annunci delle associazioni studentesche nelle prossime settimane le scuole superiori e le università italiane potrebbero essere contrassegnate da forti proteste e contestazioni: alla vigilia della giornata mondiale di mobilitazione studentesca del 17 novembre, quest’anno riassunta dallo slogan “Education is not for sale”, l’Unione degli universitari, il coordinamento degli studenti universitari “Link”, l’Unione degli studenti e la Rete degli studenti (le prime due sigle di stampo universitario, le seconde afferenti alla scuola superiore) promettono che non si fermeranno ai soliti cortei.
In occasione della protesta, che celebreranno con lo sciopero studentesco, hanno organizzato oltre 50 manifestazioni: le più partecipate sono previste a Milano, Torino, Genova, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Palermo. Secondo Stefano Vitale, del coordinamento nazionale dell’Unione degli studenti, la protesta del 17 rappresenta “un momento importante per riaffermare un movimento studentesco che in più occasioni è stato capace di far tremare i palazzi dei governi: sarà una giornata in difesa del valore pubblico della formazione e del libero accesso ai saperi. In tutta Europa gli studenti faranno sentire la propria voce, e la mobilitazione avrà un respiro internazionale“.
A livello universitario l’evento intende porre all’attenzione dell’opinione pubblica gli effetti del disegno di legge di riforma già approvato in Cdm ed ora, in attesa della votazione in aula, all’esame delle commissioni parlamentari. “E’ un disegno compiuto e ragionato ad arte – dice Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari, alla vigilia delle giornata – perché anche i nuclei di valutazione, che dovrebbero fare verifiche qualitative, verranno affidati a mani esterne all’ateneo, togliendo qualsiasi freno ad una dequalificazione della didattica“. Secondo gli studenti la mobilitazione di metà novembre può rappresentare un momento di svolta: “per noi i cortei del 17 novembre – spiega Paterna – rappresentano una prova `muscolare’: ancor di più perché il motto prescelto quest’anno, `L’educazione non è in vendita’, si sposa benissimo con la situazione italiana“.
Le proteste dei prossimi giorni sono già pronte: il 20 novembre si svolgerà un’assemblea indetta alla Sapienza di Roma dai ricercatori precari a cui parteciperanno anche gli studenti. L’assemblea studentesca ha anche annunciato che farà parte, attraverso alcuni suoi rappresentanti, al controvertice sull’ambiente di Copenaghen in programma dal 7 al 9 dicembre.
Secondo la Rete degli studenti la mobilitazione internazionale per il diritto allo studio rappresenta solo l’inizio di una serie di proteste che porteranno alla occupazione degli istituti: “per noi – sostiene il portavoce della Rete, Luca De Zolt – è l’inizio di un percorso di mobilitazione sul diritto allo studio che ci vedrà impegnati a promuovere assemblee, autogestioni e occupazioni per tutto il mese: crediamo – continua De Zolt – sia necessario un impegno di mobilitazione straordinario in tutte le scuole“.
A livello universitario l’evento intende porre all’attenzione dell’opinione pubblica gli effetti del disegno di legge di riforma già approvato in Cdm ed ora, in attesa della votazione in aula, all’esame delle commissioni parlamentari. “E’ un disegno compiuto e ragionato ad arte – dice Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell’Unione degli universitari, alla vigilia delle giornata – perché anche i nuclei di valutazione, che dovrebbero fare verifiche qualitative, verranno affidati a mani esterne all’ateneo, togliendo qualsiasi freno ad una dequalificazione della didattica“. Secondo gli studenti la mobilitazione di metà novembre può rappresentare un momento di svolta: “per noi i cortei del 17 novembre – spiega Paterna – rappresentano una prova `muscolare’: ancor di più perché il motto prescelto quest’anno, `L’educazione non è in vendita’, si sposa benissimo con la situazione italiana“.
Le proteste dei prossimi giorni sono già pronte: il 20 novembre si svolgerà un’assemblea indetta alla Sapienza di Roma dai ricercatori precari a cui parteciperanno anche gli studenti. L’assemblea studentesca ha anche annunciato che farà parte, attraverso alcuni suoi rappresentanti, al controvertice sull’ambiente di Copenaghen in programma dal 7 al 9 dicembre.
Secondo la Rete degli studenti la mobilitazione internazionale per il diritto allo studio rappresenta solo l’inizio di una serie di proteste che porteranno alla occupazione degli istituti: “per noi – sostiene il portavoce della Rete, Luca De Zolt – è l’inizio di un percorso di mobilitazione sul diritto allo studio che ci vedrà impegnati a promuovere assemblee, autogestioni e occupazioni per tutto il mese: crediamo – continua De Zolt – sia necessario un impegno di mobilitazione straordinario in tutte le scuole“.
Molto contestata è la riforma delle superiori, che nelle intenzioni del ministro Gelmini entrerà in vigore già dal prossimo mese di settembre: “gli studenti il prossimo anno – sostiene il rappresentante della Rete – si troveranno meno ore di scuole e più difficoltà per raggiungere il successo formativo. E questo non è accettabile“.
Il sindacato studentesco chiede quindi lo slittamento della riforma della secondaria, che starebbe entrando in vigore “senza il dovuto confronto sul merito e senza che ci siano informazione e orientamento per chi si deve iscrivere alle superiori. È inaccettabile – conclude De Zolt – che la riforma cambi in corso d’opera il curriculum di studi agli studenti degli istituti tecnici e professionali senza che loro lo sappiano“. La Rete ha anche deciso che il 28 novembre si svolgerà una giornata dedicata al diritto allo studio nel sud del paese: l’occasione in cui si mobiliteranno in particolare Puglia e Sicilia.
Intanto un “assaggio” della protesta del 17 novembre si è avuto a Bari: con 24 ore di anticipo, rispetto alla giornata mondiale di mobilitazione studentesca, alcuni studenti universitari hanno manifestato occupando l’ingresso del rettorato dell’università pugliese. Gli studenti hanno chiesto al rettore, Corrado Petrocelli, di assumere una linea più dura rispetto a quella tenuta oggi dalla conferenza dei rettori, e di non limitarsi a manifestare apprensione per la grave situazione della finanza degli atenei italiani.