La pandemia da covid, oltre a portare tutte le difficoltà ormai note dentro la scuola, compresa l’esperienza della Dad, ha messo anche in moto una serie di studi, fra cui quella di ascoltare, per capirne i bisogni e le difficoltà, gli alunni ignorati e abbandonati dalle Istituzioni e dagli adulti, proprio nel momento particolarmente oscuro e traumatico dell’emergenza pandemica. Da qui il volume “Educazione Bene Comune. La voce dei ragazzi e delle ragazze” di Raffaele Mantegazza e Annamaria Romagnolo, con la prefazione di Cesare Moreno, Edizioni La Meridiana, 15,00 Euro.
Che è l’esito di un progetto di ricerca-azione svolta in tre scuole di tre diverse regioni italiane: il Liceo Scientifico Lorenzo Respighi di Piacenza, l’Istituto Tecnico per il Turismo Marco Polo di Firenze e l’IIS Liceale Quinto Orazio Flacco di Portici.
L’iniziativa è stata promossa dall’Associazione Circola Cultura, Diritti e Idee in movimento, per capire appunto quali siano le paure, le emozioni, le riflessioni e le proposte dei ragazzi e quindi indicare agli educatori, alla società civile e alle istituzioni le vie da percorrere mentre rimane un’occasione per ripensare in ogni suo aspetto il sistema scolastico.
L’Educazione dunque come “Bene comune”, una sorta di “ecosistema delicato e importante”, chiariscono gli autori, “ per far crescere in modo equo e inclusivo la dimensione culturale della comunità, baluardo dei diritti fondamentali nostri e di chi verrà dopo di noi”.
Autori che aggiungo: “Abbiamo pensato che questi ragazzi avessero assoluto diritto ad un ascolto di qualità, non postulato in modo retorico come un “qualcosa in più” rispetto alla cosiddetta “didattica tradizionale”, ma proprio una sorta di ribaltamento della prospettiva della scuola, partendo davvero dai ragazzi e dalle ragazze, dalle loro domande di senso, anche dalle loro angosce e magari dalle loro speranze per poter realizzare un modo diverso di fare scuola”.
Sotto la lente di ingrandimento anche sui temi della relazione educativa, della credibilità dell’istituzione scuola e degli adulti che vi lavorano, dei desideri e delle emozioni dei più giovani.
Ma non solo, in questo lavoro i ragazzi sono stati i protagonisti di conversazioni aperte, con l’unico vincolo metodologico di lasciarsi interrogare “da un apologo, un’immagine, una metafora, un repertorio di parole chiave o una coppia di nomi, che incarnassero opposizioni concettuali – quali nido/volo o sicurezza/libertà, contagio/contatto dai quali prendere spunto per raccontare e raccontarsi, ascoltare e ascoltarsi”.
“È stato un viaggio progettato a maglie larghe, per il quale partire senza la rassicurante rete protettiva di protocolli rigidi, ma dotati di una mappa su cui erano disegnate alcune destinazioni con la libertà di seguire sempre nuovi desideri”.
In ogni caso, il bilancio di questa inchiesta-ricerca ha evidenziato che i ragazzi ripongono fiducia nella scuola, nonostante i noti malcontenti e le contraddizioni, come la difficoltà nell’intercettare le loro emozioni, ad ascoltarne le domande e a stabilire con loro relazioni collaborative, improntate alla reciproca fiducia.
Un modo inoltre per dare ai giovani la parola intorno ai grandi temi del dibattito pubblico, quando c’è stato, relativo allo sviluppo sostenibile, alla democrazia e alla solidarietà internazionale.
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