La legge sull’insegnamento dell’educazione civica non è ancora stata approvata ma in rete si discute già molto su chi dovrà (o potrà) occuparsene.
E c’è addirittura chi si sta già organizzando con moduli e modelli di vario genere da utilizzare per presentare domande di messa a disposizione nelle scuole.
Comportamenti che fanno pensare che per molti la “novità” debba essere valutata più per le possibili opportunità di lavoro che potrebbero crearsi che per gli eventuali benefici in termini educativi e formativi.
Per la verità la legge è piuttosto chiara e – almeno per ora – è difficile pensare che l’introduzione dell’educazione civica nelle scuole possa creare spazi per assunzioni ad hoc.
Ed è impensabile – sempre per il momento – che si possano aprire opportunità lavorative anche solo di carattere occasionale.
L’articolo 2, comma 4, del disegno di legge chiarisce che nelle scuole del primo ciclo, l’insegnamento trasversale dell’educazione civica è affidato in contitolarità ai docenti sulla base del predetto curricolo, utilizzando le risorse dell’organico dell’autonomia, senza incrementi o modifiche di organico.
Nel secondo ciclo, l’insegnamento è affidato ai docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, ove disponibili, nell’ambito dell’organico dell’autonomia.
Per ciascuna classe, poi, tra i docenti a cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica, è individuato un docente coordinatore che ha, tra l’altro, il compito di formulare la proposta di voto, acquisendo elementi conoscitivi dagli altri docenti a cui è affidato il medesimo insegnamento.
Per lo svolgimento dei compiti di coordinamento non sono dovuti compensi, indennità o rimborsi spese, salvo che la contrattazione d’istituto non stabilisca diversamente con oneri a carico del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa.
Per evitare equivoci di sorta c’è poi l’ultimo articolo del provvedimento che contiene la consueta formula sulla “invarianza di spesa”.
Con una eccezione: il ddl stanzia 4 milioni di euro per la formazione dei docenti che dovranno però essere ricavati dai fondi già disponibili per il Piano triennale di formazione.
Insomma la proposta di legge è chiara: per attivare i percorsi di educazione civica non si potranno spendere altri soldi. Difficile, dunque, pensare che questa possa essere l’occasione per dare un po’ di ossigeno ai migliaia di precari che affollano le diverse graduatorie.
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